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Insieme per un grande 'si' alla Vita

Pubblichiamo oggi, insieme a Comunità di Connessioni, l'editoriale di Natale di padre Francesco Occhetta, consulente ecclesiastico nazionale dell'Ucsi.

Francesco Occhetta

Augurarsi “Buon Natale” è sempre più raro, farlo da semi-rinchiusi è ancora più difficile. Ci diciamo spesso “auguri” o “buone feste”, ma sempre meno “Buon Natale.” Eppure il Natale ha la sua radice latina in ciò che è natum, “generato”, è una parola potente e immanente, così come gli aggettivi natale(m) e nataliciu(m) che significano “ciò che riguarda la nascita”.

La sobria ebbrezza del Natale

Si torna a parlare di sobrietà. È una delle tante ricadute della pandemia che sta progressivamente ridisegnando il nostro stile di vita e, più ampiamente, le regole di ingaggio del mondo. Solo che si tratta di una parola così estranea al nostro orizzonte culturale da risultare stonata se non addirittura imbarazzante.

La solidarietà? inizia dagli ultimi! #Ripensiamoci / 8

Si è fatto un bel parlare, soprattutto durante le settimane del confinamento, che l’esperienza della pandemia ci avrebbe cambiato in profondità. Così come avrebbe aiutato a farci scoprire, una volta per tutte, la fratellanza fra tutti gli esseri umani, tutti ugualmente esposti al rischio di contagio. In realtà, lo spettacolo a cui assistiamo proprio in questi giorni in cui, dalla cosiddetta “fase 2”, stiamo rischiando di tornare a una impensabile “fase 1”, sta dimostrando che non è veramente così. E bene va facendo papa Francesco – nelle catechesi del mercoledì mattina – a provare a rimettere al centro i punti fermi che il vangelo ci propone, «il principio della dignità della persona, il principio del bene comune, il principio dell’opzione preferenziale per i poveri, il principio della destinazione universale dei beni, il principio della solidarietà, della sussidiarietà, il principio della cura per la nostra casa comune» (5 agosto 2020), immaginando che proprio la messa a fuoco di tali principi potrà aiutarci a navigare nelle acque di questa crisi mondiale.

Un pensiero per noi giornalisti, per il nostro '2 novembre'

In questi giorni in cui ricordiamo i nostri cari defunti, vi riproponiamo una bella riflessione del nostro consulente ecclesiastico Francesco Occhetta sul 'racconto giornalistico della morte'. E' stata scritta ben prima di questa terribile emergenza che viviamo, ma costituisce lo stesso un ottimo spunto per pensare.

di Francesco Occhetta (2016)

Ci stiamo abituando a un giornalismo che “informa” ma che non “forma” coscienze libere e capaci di valutare l’accaduto.

Le ragioni laiche della risurrezione

Da quando la cultura ha affermato che “Dio è morto”, la parola “resurrezione” si utilizza sempre di meno nel vocabolario pubblico. Se va bene, ci si limita a sussurrarla. Se va male, la si confonde con la reincarnazione.