Le radici per ricominciare

Anche per noi, giornalisti Ucsi, quest’anno è il tempo della ricostruzione. Celebreremo il Congresso e il rinnovo delle cariche in un tempo “altro” rispetto a quello che ci ha fatto nascere e crescere. Così l’appello del Presidente della Repubblica, nel suo discorso di fine d’anno, tocca anche la vita dell’Unione. Lo faremo per ricostruire noi, e nel nostro piccolo, il mondo che abitiamo e fecondiamo.

Sono tre le condizioni spirituali che possono aiutarci a fare nascere ciò che speriamo: generare una discendenza, riscoprire lo specifico della nostra vocazione, desiderare il futuro.

È noto a tutti, il dibattito pubblico è pieno di lamenti a cui anche il giornalismo dà eco per far crescere l’audience. Ma quando si chiede a chi si sa solo lamentare spesso stando bene: “Tu chi hai generato e che soluzione positive hai?”... allora ci si accorge che negli ultimi anni abbiamo spesso gestito strutture e forme prive di vita e di futuro. È fondamentale allora chiedersi chi stiamo crescendo e cosa stiamo proponendo di specifico.

Per farlo è necessario discernere la nostra vocazione, ciò che ci attrae verso qualcosa e qualcuno. Il mondo che abitiamo ha bisogno non tanto di quantità di cose, ma della qualità dei contenuti che possiamo offrire. Non tanto il fare, ma recuperare l’essere, potremmo dire come slogan. Oppure ricordare il motto, non multa sed multum, che amano i gesuiti perché gli eventi nascono e muoiono, sono invece i processi culturali a dare la forza per camminare e realizzare comunità pensanti da cui nascono nuovi progetti, idee e contributi.

Infine siamo chiamati a desiderare il futuro, senza vivere la nostalgia di un passato che non ritornerà più. Quando qualcosa muore per essere liberi la si deve consegnare per sempre. Sarà da quella morte che nasce nuova vita.

Si tratta di punti che ciascun socio può spiegare meglio di me, tuttavia farlo in una dimensione comunitaria ci aiuta a rimanere coesi. L’Ucsi del 2021 può avere ancora un ruolo importante se riuscirà a rispondere alle sfide della professione e della categoria. Sono noti a tutti i cattivi esempi che una parte dell’Ordine e del Sindacato stanno dando all’intera società. Per la nostra tradizione vivente possiamo essere la “casa della mediazione” non per accontentare tutti o distribuire piaceri, ma per rappresentare tutti.

Lo scrivevo di recente, l’epidemia e l’esperienza del limite ci hanno fatto riscoprire le parole dell’apostolo Paolo quando, senza mezzi termini, scrive ai Corinti: “Il tempo si è fatto breve... passa la scena di questo mondo”. Corinto era un crocevia di commercianti e di intellettuali, di affaristi e di prostitute, di imbroglioni e di viziosi. Era abitata da seicentomila abitanti ma la comunità a cui Paolo scrive era formata da poco più di cento persone. Erano poche, ma per ricostruire non conta la quantità: è su una comunità e sulla qualità umana di chi ne fa parte che occorre scommettere. L’apostolo parla di tempo come kairós – di tempo qualitativo - e non come chrónos, il tempo quantitativo che scorre senza rendersene conto. A noi che lo leggiamo oggi, non chiede di ritirarsi, ma di ristabilire una gerarchia di valori per vivere perché “quelli che piangono (vivano) come se non piangessero”. È un “altro” modo di vivere e di situarsi nella realtà che può cambiare questo mondo così caduco e pragmatico.

Cosa fare allora? Con quali propositi iniziare quest’anno? Difficile immaginare quali scelte farà l’Ucsi, se e come cambieremo le nostre regole e le nostre prassi e verso cosa indirizzeremo i nostri sforzi e sacrifici. Una riva è stata lasciata per sempre, ma a quale riva approderemo verrà deciso insieme se remeremo insieme. Non occorre preoccuparsi adesso per il cosa ma per il come. È per questo che rimangono illuminanti per noi le parole di Eugen Drewermann nella sua opera Il cielo aperto: “Solo queste tre grandi forze possono aiutarci a placare la nostalgia e a non perdere di vista la strada per le stelle: la fiducia nel perdono, che ci rende capaci di osare la nostra vita; la fede nell'amore, che ci insegna a essere ampi, forti e fedeli verso noi stessi e le persone al nostro fianco; e l'evidenza della bellezza, persino sull'orlo del precipizio”.

' Padre Francesco Occhetta è consulente ecclesiastico nazionale dell'Ucsi

Ultima modifica: Dom 3 Gen 2021