Padre, ho peccato

Il confessore è un frate anziano che gode fama di saggio. Il penitente è un uomo sulla cinquantina. “Beneditemi, padre, perché ho peccato”. “Ti ascolto fratello”.

“Padre, ho il dubbio di avere commesso un grosso peccato, rovinando le feste del Natale. Spiritualmente, s’intende”.

“Sei stato a sciare?”

“No. Sono un giornalista cattolico e scrivo prevalentemente su giornali cattolici. D’accordo con le vostre prediche, ho sempre criticato e messo in guardia dal Natale festaiolo, ridotto a fenomeno commerciale, con le sue tradizioni che non sono altro che veicoli pubblicitari. Senonché una sera, in una piazza splendente di luce, affollata di gente gioiosa, mi sono ritrovato a pensare: questa gioia che le luminarie natalizie suscitano non sarà il desiderio, magari inconscio, della luce vera quella che illumina ogni uomo? E perché non accoglierla? Arrivato a casa, mi sono ritrovato a cercare una cometa che mia madre... guai se a Natale non la si appendeva fuori dalla finestra. L’ho trovata e l’ho sistemata sul terrazzo. Capisce?”.

“Si. Allora per peni...”

“No, aspetti. C’è di più. La stessa cosa mi è accaduta per lo scambio dei regali che, d’accordo con la linea dei nostri giornali e del mio parroco, ho sempre demonizzato. Invece, nel supermercato per acquistare le cose serie: acqua, pane, pasta, olio..., mi sono messo a osservare la gente in cerca di gingilli per confezionare i regali. Lei avesse visto la gioia dei bambini che ne volevano tanti e belli – c’è di buono che non credono più a Babbo Natale -, e per riflesso dei genitori e dei nonni. Mi sono lasciato contagiare, ho comperato una confezione di cioccolatini per un collega malato che passerà le feste a letto..., padre, doveva vedere che sorpresa gioiosa quando gliel’ho portata... e mi sono detto: perché criticare questo scambio di doni se il Natale è la celebrazione del dono di Dio all’umanità”.

“Giusto. Allora per peniten...”

“Aspetti, padre, c’è di peggio”.

“Ah sì? Sentiamo!”

“Ho sempre snobbato i presepi e ancora di più l’albero, perché fanciulleschi e fiabeschi. Quest’anno, dopo un giro per presepi con un’amica che praticamente mi ci ha trascinato, rientrato a casa, io che a Natale esponevo l’immagine della Trinità di Andrej Rublev con il sottofondo dell’antifona gregoriana Puer natus est, mi sono messo a cercare il Bambinello, che mia madre metteva in vista sotto le feste, e... padre senta questa: mi sono ritrovato a cantare Tu scendi dalle stelle. Ci crede? E’ grave?”.

“Molto grave”

“E allora mi dia la penitenza?”

“Eh, non te la cavi con tre Ave Maria e un Padre Nostro. Come giornalista, per giunta cattolico, devi impegnarti a fare tutto quello che puoi per superare questa brutta abitudine di puntare l’indice sugli aspetti negativi della realtà, facendoli così scivolare sempre più in basso, invece che di capirne i segnali positivi e sospingerli all’accoglienza del vangelo”.

“Sarebbe fare come fa la pubblicità per i suoi prodotti”.

“Sì, si può dire così”

“Padre, se posso permettermi, non possiamo andare a scuola dalla pubblicità”.

“Fratello, ricorda: I figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce. La pubblicità è figlia di questo mondo. Perché non imitarne la scaltrezza?”

 

* l'autore, don Tonino Lasconi, è il consulente ecclesiastico di Ucsi Marche

Ultima modifica: Mer 21 Dic 2022