Epifania, la gioia della notizia vera. I magi, "inviati speciali" ante litteram

Non è difficile rileggere in chiave di comunicazione l’avventura dei tre strani personaggi che il vangelo di Matteo, unico tra i sinottici, ci presenta come “magi”. L’intero racconto, in effetti, è costruito intorno a un “segno”, quello della stella, che è per eccellenza “segno di comunicazione”...

È per-ché hanno visto spuntare la stella che i tre magi si mettono in cammino dall’Oriente: una vera e propria missione da “inviati speciali”, mandati a verificare la corrispondenza tra l’informazione ricevuta e la realtà dei fatti.

Come il buon senso e la consuetudine suggerirebbero a chiunque, anche i tre magi ritengono che il modo migliore per verificare la notizia sia quello di recarsi nei luoghi del potere, nella sala stampa del palazzo. Eccoli, dun-que, salire in città, a Gerusalemme. In effetti, non è una scelta sbagliata, anche se piena di insidie.

Appena ricevuto il comunicato, intanto, il re e con lui tutta la città ne ven-gono profondamente turbati: sembra quasi che quella notizia fosse, a un tempo, attesa e temuta. Subito si aprono gli antichi libri, gli atlanti, gli schedari: si rispolverano le memorie passate per prendere atto che, sì, la notizia non è infondata. Al contrario, essa trova conferma in un’antica pre-dizione: da Gerusalemme bisogna proseguire fino a Betlemme. Il palazzo, dunque, sa, anche se erano informazioni sepolte, delle quali non si sarebbe forse tenuto conto.

Ora, invece, Erode intende approfondire la notizia e chiede ai magi di farsi suoi informatori. Pensa di sfruttarli, di approfittare delle loro ricerche per poter compiere con più efficacia il delitto. In effetti, la strage si compie – annota Matteo – con riferimento al «tempo che [Erode] aveva appreso con esattezza dai Magi» (2,16). È quello che il potere non si stanca di fare, in-terferendo spesso con la libertà di indagine, talvolta perfino “orientando” le ricerche per mezzo di informazioni fuorvianti. Quanto ai nostri inviati, Matteo riferisce che essi semplicemente “udirono” il re, evidentemente senza dargli un vero ascolto.

Sta di fatto che la stella, a Gerusalemme, non splende: Gesù, in effetti, vi troverà la morte. Ed è solo fuori città che i tre re la scorgono di nuovo, lon-tano dai palazzi e dalle loro cortine di fumo. Ora, essa prende addirittura l’iniziativa: li precede, avanza e si ferma lì dove i magi devono arrivare. E c’è gioia nei loro cuori, una gioia grandissima come di chi ha finalmente superato l’ultimo ostacolo ed è nelle condizioni di esultare per l’incontro imminente. La notizia non era falsa, il re dei giudei è davvero nato a Bet-lemme! Solo che, per scoprirlo, bisognava uscire fuori dai canoni stabiliti, abbandonare i canali d’informazione consueti.

E, ora, dopo aver portato a termine il loro giornalismo d’inchiesta, inse-guendo la verità di una notizia “piovuta dal cielo”, e resi più che mai saggi dal lungo viaggio e dagli incontri che esso ha loro riservato, è il momento, per i magi, di prendere la parola. Hanno ascoltato e ora riferiscono il loro messaggio attraverso il racconto simbolico dei tre doni offerti al bambino e a sua madre. Oro, per dire che quel neonato – il termine che Matteo usa, in verità, parla piuttosto di un bambino già svezzato – è re. Incenso, per rive-lare che egli è Dio. Mirra, per dire che egli è uomo.

Il percorso comunicativo si compie: invitati dalla stella, i magi hanno in-trapreso il loro viaggio e hanno, poco a poco, imparato a conoscerla, rico-noscerla e, infine, addirittura descriverla nella sua verità più profonda. Poi-ché, in verità, quella stella è Gesù stesso, che si manifesta ai magi e a tutti noi – epifania, in greco, significa precisamente “manifestazione” – proprio attraverso il nostro metterci in gioco nella ricerca.
Infine, Matteo riferisce che, consegnati i doni, i magi ripartirono. Aggiunge, tuttavia, un dettaglio decisivo: essi, dice, «per un’altra strada fecero ritorno al loro paese». I tre re non sono più gli stessi uomini di prima: la stella della buona notizia li ha cambiati, la verità ci trasforma. Dopo tutto, è questo il compito di ogni vero comunicatore: mettersi in cammino per cercare la verità e lasciare che essa risplenda una volta che la si è trovata.

l'autore, don Alessandro Andreini, è consulente ecclesiastico dell'Ucsi Toscana

Ultima modifica: Sab 5 Gen 2019

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