Dopo Pasqua, più che mai Pasqua

Secondo il racconto di Giovanni, che leggiamo nella II domenica dopo Pasqua, quella di Gesù è una vera e propria liturgia di gesti e di parole che egli utilizza per far sperimentare ai suoi amici il mistero della Pasqua. Non basta, infatti, credere, occorre amare. In un certo senso, chiudendo il grande giorno di Pasqua, fatto di otto giorni, è di noi che specialmente si tratta, del nostro lasciar penetrare la Pasqua fino alla radice dell’essere, del nostro diventare persone pasquali.

Ed è come se la liturgia volesse dirci: Cristo è risorto, ora lascia che risorga in te e così l’esperienza della risurrezione potrà davvero raggiungere gli estremi confini della terra, come il Risorto desidera. E benedetto Tommaso per la franchezza e la libertà con la quale manifesta un bisogno che è anche nostro: toccare, abbracciare, incontrare. La questione, infatti, è molto seria: o noi facciamo esperienza del Risorto e la nostra vita risorge veramente con lui, oppure con la nostra tiepidezza non convinceremo nessuno, tanto meno noi stessi!

Ecco, allora, le parole e i gesti pasquali di Gesù: prima di tutto, per tre volte, egli dona la pace. È il cuore di tutto: essere in pace con noi stessi, con gli altri, con Dio. Dire sì alla vita, così com’è. Che non significa né rassegnarsi né arrendersi, ma abbracciare e amare, prendersi cura, accarezzare e proprio così aiutare a cambiare. Si tratta di lasciare che Gesù faccia pace in noi, tra noi e con il Padre, che ci aiuti a dire finalmente il nostro pieno sì alla vita.

Pace che è riconciliazione, perdono, e qui il discorso si fa addirittura rivoluzionario. «A chi non perdonerete i peccati resteranno non rimessi»: non vi è forse detto, qui, che occorre perdonare sempre, perché altrimenti il perdono non si scatena? Non ha il Crocifisso perdonato i suoi crocifissori? Non ha messo al centro della sua Pasqua la forza scatenante del perdono? Che discepoli saremmo se, dopo che il maestro ha davvero perdonato tutti, noi cominciassimo a negare il perdono?

Infine, il gesto commovente dell’ostensione delle stigmate a Tommaso. Gesù si fa toccare, baciare, lavare. E lascia addirittura che Tommaso infili quasi con irriverenza le dita e la mano nelle ferite: pur di accendere in noi la fede e l’amore che spostano le montagne, Gesù non si ferma davanti a nulla. Sì, Dio non ama le mezze misure. Punta a risvegliare totalmente il nostro cuore, a fare di noi persone addirittura ebbre della sobria ebbrezza dello Spirito, ubriache d’amore. Gesù è veramente risorto, è vivo, qui in mezzo a noi. Dopo Pasqua, è più che mai Pasqua, se diventa la mia Pasqua!

L'autore, don Alessandro Andreini, è consulente ecclesiastico dell'Ucsi Toscana

Ultima modifica: Lun 24 Apr 2017

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