I giornalisti di tutto il mondo sono sempre più sotto tiro. È il quadro che emerge dalla riunione del Comitato esecutivo della Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj), che ha accolto la proposta della Fnsi di promuovere iniziative in tutti i Paesi e un incontro con Commissione e Parlamento Ue per chiedere di fermare la repressione in atto in Turchia.
I giornalisti sono sempre più minacciati, incarcerati, ammazzati. Un'escalation di violenza che assume forme diverse e che si sta diffondendo in tutto il mondo. Per questo la Ifj, cui aderiscono i sindacati di 130 Paesi, il cui Comitato esecutivo si è riunito a Bruxelles, si mobilita per accendere i riflettori su un fenomeno che colpisce al cuore le democrazie perché indebolisce il diritto dei cittadini ad essere informati e per chiedere alle organizzazioni internazionali di agire presso i governi per porre fine all'impunità.
In cima alla lista delle emergenze per l'informazione e per le libertà e i diritti civili c'è la Turchia. Il documento condiviso dall'intero esecutivo è fatto proprio da Philippe Leruth, presidente dell'Ifj: sarà lui a individuare la data in cui organizzare sit-in davanti alle sedi diplomatiche della Turchia nei vari Paesi e a programmare un incontro delle rappresentanze nazionali dei giornalisti con le massime istituzioni europee.
Le aree più esposte restano quella africana, dove la Somalia - fa notare Omar Faruk Osman, segretario del sindacato dei giornalisti somali - rimane il posto più pericoloso del continente per esercitare la professione giornalistica. La situazione è critica anche in Sud America, con numerosi Paesi a rischio per i giornalisti. A cominciare dal Venezuela, dove la grave crisi interna si è tradotta anche in un bavaglio generalizzato alla stampa, per finire alla Colombia, dove il numero dei giornalisti minacciati, rapiti o ammazzati rimane molto alto. In questo contesto molto preoccupante, rappresenta comunque una buona notizia il ritorno nella famiglia dell'Ifj dei sindacati dei giornalisti dell'Argentina e dell'Uruguay. Resta critica la situazione invece in India, Pakistan e in molti Paesi del Sud Est dell'Asia, a cominciare dalla Cina. Sotto osservazione anche l'Europa, dove la “ley mordaza” spagnola, le restrizioni e i controlli preventivi messi in atto in Francia dopo la strage di Charlie Hebdo, e il numero crescente di cronisti italiani minacciati o trascinati in tribunale a scopo intimidatorio, impongono azioni coordinate e mirate.
L'aspetto più grave degli attacchi ai giornalisti e alla libertà di stampa in atto in tutto il mondo è nella quasi certezza dell'impunità per chi se ne rende colpevole. l'Ifj ha lanciato, come e’ noto, la campagna #Endimpunity. Al 31 dicembre 2015, il numero dei giornalisti ammazzati in dieci anni nel mondo è impressionante: 827.
Le parole d'ordine della campagna #Endimpunity sono "prevenzione, protezione e repressione". È necessario, spiegano i rappresentanti delle Nazioni Unite, che i governi si assumano la responsabilità di proteggere il diritto di espressione e la sicurezza dei cronisti. Occorre attivarsi per far sì che i governi proteggano la libertà di stampa e il dovere dei giornalisti di informare l'opinione pubblica.