Raccontare (e vivere) la gioia della Pasqua nella nostra professione, difficile soprattutto per i più giovani
Ad alcuni giovani giornalisti dell'Ucsi (di Marche, Campania e Liguria) abbiamo chiesto di scrivere qualche pensiero sul 'Racconto giornalistico della Pasqua', che parta dall'esperienza concreta e difficile di una professione che sempre più spesso non è 'a misura di giovani' (a.r.)
1. La gioia dell’incontro vince la nostra grande fatica di giovani giornalisti
Benedetta Grendene (Marche)
Mi sento di chiedere aiuto al nostro santo patrono e "dottore dell'amore" San Francesco di Sales per donare a tutti voi cari colleghi una mia umilissima riflessione su come possiamo Raccontare (e vivere) la gioia della Pasqua nella nostra professione.
«Non è per la grandezza delle nostre azioni che noi piaceremo a Dio, ma per l’amore con cui le compiamo»: cito questo aforisma del nostro protettore perché credo che la gioia che abbiamo nel cuore derivi solo dall’amore che ci permette di affrontare la vita e di tendere ad uno stato di grazia alimentato da un dialogo intimo e costante con un Dio che è Padre.
La speranza in Colui che ci salva prima di tutto da noi stessi e dai nostri limiti diviene allora certezza, palingenesi e motore pulsante che ci fa andare avanti nella vita e nel nostro lavoro.
La nostra è una professione che di “gioioso” ha ben poco: per noi giovani le prospettive future continuano spesso ad essere sinonimo di “volontariato”, “sfruttamento”, “lavoro nero”, “false promesse”, “false tutele”. Allora più il tempo passa e più mi rendo conto che la gioia di portare la croce, di abbracciare la sofferenza e l’umiliazione che quotidianamente ci azzera, è proprio quella di cercare di vivere il lavoro come preghiera, donando le proprie fatiche e il proprio sacrificio per un bene più grande che non è un bene terreno. Si va avanti con molta fatica e in questa continua e spesso logorante lotta interiore con la nostra coscienza, dobbiamo far tesoro dell’unica gioia che resta: la gioia di incontrare l'altro, capolavoro tangibile di quell’amore incondizionato di un Dio che ha vinto la morte e ha redento il mondo.
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2. La Pasqua che cambia la nostra prospettiva
Marco Perillo (Campania)
Un po' come un tempo facevano i martiri, oggi i cronisti sono chiamati a testimoniare.
Questo è forse il nesso più grande tra la religione cristiana e il giornalismo oggi. Siamo testimoni dei tempi, li raccontiamo, li interpretiamo, indaghiamo a fondo essendo talvolta scomodi. Ma è questo l'unico modo per servire non solo la nostra deontologia ma anche un disegno più alto. E' una missione, al di là dell'etica e dei trucchi del mestiere.
Serviamo l'importanza della parola e offriamo al mondo il sale dell'opinione pubblica. Lasciamo un segno, tracciamo un solco, un po' come gli evangelisti fecero per farci conoscere la più straordinaria storia avvenuta sulla terra, quella di un Dio fatto uomo, l'onnipotente divenuto carne e umiliatosi fino alla morte di croce per noi.
Se ne siamo consapevoli, la nostra prospettiva cambia. E saremo capaci di raccontare in modo diverso qualsiasi fatto che la realtà dipana davanti ai nostri occhi.
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3. Il privilegio di poter raccontare tante storie belle
Francesca Di Palma (Liguria)
Mi è capitato di partecipare recentemente alla presentazione di un volume che tratteggiava la figura di un noto giornalista genovese da poco scomparso. Sono stata invitata a portare la mia testimonianza di “giornalista cattolica” in virtù della mia collaborazione con il settimanale diocesano e del mio ruolo di segretaria Ucsi in Liguria.
Prima di me sono intervenuti giornalisti della carta stampata e della tv: nei loro racconti gli echi di una professione che richiede tempi stretti, frenesia, e che mette a contatto sempre più spesso con una realtà, difficile, e che riempie soprattutto le “cronache nere”.
Ascoltando le loro testimonianze, è scaturita una riflessione: che privilegio, per me, poter raccontare nel mio lavoro tante storie belle, fatte di solidarietà, di accoglienza, di testimonianze positive, di speranza.
In questo tempo di Pasqua, mi tornano alla mente le parole di Papa Francesco nell’ultimo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali: “Desidero rivolgere un invito a promuovere un giornalismo di pace, ostile alle falsità, un giornalismo fatto da persone per le persone”. Credo che in questo giorno di speranza, queste parole ci riportino al senso più vero della nostra professione.