Le parole che aiutano a combattere la violenza di genere.
L’hanno detto tutti. Le parole, quelle dei giornalisti che raccontano il drammatico fenomeno della violenza di genere, sono pesnati come le pietre.
Lo aveva detto la presidente della commissione parlamentare contro il femminicidio pochi giorni fa, l’ha ripetuto oggi 26 novembre la ministra Bonetti all’incontro organizzato alla Fnsi. “Il contrasto alle parole d'odio e alla violenza di genere parte dalla corretta narrazione del fenomeno”. Il convegno si intitolava 'Parole d'odio e violenza di genere' promosso dalla Cpo Fnsi con Cpo Usigrai, Cpo Cnog e le associazioni Giulia Giornaliste e Articolo21 in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
“I giornalisti devono trovare le parole giuste per raccontare con fedeltà la cronaca, ma anche per interpretare i fatti, per leggere l'oggi e collocarlo nel tempo storico del divenire. L'impegno dei media deve essere quello di fare di questa cronaca e di questa interpretazione un processo storico, perché il modo in cui la violenza sulle donne viene raccontata plasma la percezione del fenomeno e contribuisce a costruire la nostra civiltà democratica”, si legge nel resoconto che dell’incontro fa la stessa Fnsi.
Se i giornalisti raccontano male il fenomeno, lo si distorce. “La violenza è la negazione della relazione sentimentale, non una possibile degenerazione dell'amore. Occorre dare il giusto nome alle cose per educare tutti noi ad interpretare e affrontare quello che accade”.
In più di un intervento si è fatto riferimento al Manifesto di Venezia, una ‘carta’ di rilievo a cui ha contribuito (e aderito) anche l’Ucsi (leggi qui).