19 Novembre 2009
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8° Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione

Il digitale divide, decollano le nuove Tv, anno nero per la carta stampata ‘'Il nuovo rapporto e' un prezioso contributo per la interpretazione dell'evoluzione del settore della comunicazione che ha un potenziale enorme: quello,cioe' di servire alla giusta causa di una sempre maggiore diffusione nel mondo della libera informazione e della democrazia e, in questo contesto, i giovani devono essere aiutati a sviluppare la propria capacita' critica per far fronte a dati e informazioni non filtrate.''. Cosi' il presidente del Senato, Renato Schifani, ha aperto i lavori dell'8° rapporto

Il dato piu’ evidente e’ il calo consistente ( dal 67% al 54,8%) della lettura dei quotidiani a pagamento. Calo anche dei settimanali (- 14,2%) e dei mensili ( -8,1%). In flessione anche la lettura dei libri del 3,1%. Tutto cio’ avviene – secondo Giuseppe Roma – perche’ gli utenti vogliono sempre piu’ in fretta avere informazioni di ‘prima battuta’ senza passare attraverso la mediazione tradizionale.
In questa fase di sviluppo della comunicazione – secondo il rapporto – si fa sempre piu’ preponderante la necessita’ di trovare in rete contatti sociali, di avere la possibilita’ di interagire con gli altri e di condividere in tempo reale le esperienze della vita quotidiana. Se si va, inoltre, verso la saturazione dell’utenza di internet ( e’ stata registrata anche qui una flessione dell’utenza dei quotidiani on-line del 3,8%. Gli italiani ( 19 milioni) sono, invece, sempre piu’ contagiati dai social network. Facebook e’ il piu’ popolare ( conosciuto dal 90,3% dei giovani), YouTube il piu’ utilizzato (67,8%) anche se ora si teme per la privacy.
Il rapporto, in sostanza, fa il punto, sulla evoluzione dei consumi dei media dalla televisione, le televisioni, il digitale, la stampa, il telefono cellulare , internet e la radio il cui ascolto e’ in crescita perche’ di facile accesso, poco costosa e sempre piu’ ricca di contenuti.
Il presidente dell’Ucsi, Andrea Melodia, dopo aver ricordato la figura di Emilio Rossi a due settimane dall’anniversario della sua morte, ha sottolineato che ‘’ fu Rossi, insieme a Giuseppe De Rita e Paolo Scandaletti a creare questi rapporti annuali sulla comunicazione.”
‘’ Ci sono due fili rossi – ha aggiunto Melodia – che attraversano questi anni di indagini: la professione giornalistica e la televisione. La professione giornalistica come necessita’ civile, e dunque come esigenza democratica, di praticare l’informazione rispettando regole e standard qualitativi, e dunque, di ricercare da una parte le motivazioni etiche dei giornalisti, dall’altra i processi di selezione e di formazione permanente che introducono e accompagnano l’iter professionale.”
Per quanto riguarda la televisione Melodia si e’ domandato:” c’e’ davvero una crisi profonda della televisione generalista, crisi resa ineluttabile dall’esplosione delle nuove tecnologie e del numero dei canali, oppure c’e’ ancora un forte bisogno di aggregazione comunitaria intorno a palinsesti ragionati con una offerta equilibrata di generi e di target? Non potrebbe accadere che le situazioni di crisi nella nostra societa’ riportino in primo piano il bisogno di fornire attraverso la televisione risposte socialmente utili?
‘’ A queste domande – ha continuato – l’ottavo rapporto da’ risposte non risolutive, ma certo molto significative, quando si afferma che a tenere insieme la nuova invenzione di una immagine adatta a descrivere l’estrema complessita’ del sistema comunicativo, quella della rete di piramidi, per significare insieme le integrazioni orizzontali tra i diversi media e le concentrazioni verticali del loro uso, cioe’ le diete medianiche e i loro target di riferimento, a tenere insieme questa struttura un po’ mostruosa resta la vecchia televisione generalista, che perde pochi spettatori, in fondo anche tra i giovani, ma non la sua centralita’ e la sua forza legante.”
‘’Dice l’ottavo rapporto – ha concluso il Presidente Melodia – che diversi soggetti svolgono alcune funzioni, ma solo la televisione pubblica le svolge tutte. Una affermazione grave e impegnativa. Se la si accetta se ne deve trarre le conseguenze: la prima e’ che la televisione pubblica non ha il monopolio del servizio pubblico, ma non per questo puo’ permettersi di rinunciare ad esercitarlo, in modo completo e senza elusioni di responsabilita’. La seconda e’ che di servizio pubblico c’e’ oggi paradossalmente piu’ bisogno di prima, anche se e’ diventato molto piu’ difficile esercitarlo e se occorre reinventarne le condizioni operative. Credo che oggi, in conclusione, il livello di un paese si misuri sulla qualita’e il livello dei suoi media piu’ che su quello delle sue industrie manifatturiere.”
Roma, 19 novembre 2009 Sala Zuccari, Palazzo Giustiniani