Il problema sono i soldi che non ci sono. Il sottosegretario con delega all’Editoria, Paolo Bonaiuti, è stato chiaro in audizione in Commissione Cultura alla Camera. Il fondo per i contributi pubblici all’editoria è drasticamente sceso dai 415 milioni di euro nel 2008 ai meno di 200 previsti nel 2012. E tutto fa pensare che questa cifra debba essere ridotta ancora, avverte Bonaiuti. Si aggiunga il debito di 50 milioni annui da pagare per legge alle Poste – eredità del centrosinistra secondo il sottosegretario – e si ha un quadro a tinte fosche: “Ma a fronte di questa situazione difficile, fino a quest’anno il governo è riuscito ad assicurare quasi il 100 per cento dei contributi diretti all’editoria”. Sotto accusa un sistema di incentivi pieno di “crepe” e “distorsioni”: “siamo di fronte ad un corpus di norme farraginoso – dice Bonaiuti – una montagna messa insieme dal Parlamento, che è sovrano, e sono norme alle quali noi ci dobbiamo attenere”. Ora si sta provando a modificarlo a suon di semplificazione, legata a due parametri precisi: il livello effettivo di occupazione dei giornalisti e dei poligrafici e il numero di copie realmente vendute. Niente più furbi, anche grazie a controlli più stretti: “Sul piano del rigore abbiamo stipulato un protocollo d’intesa con l’Agcom e con il Nucleo Speciale Editoria della Guardia di Finanza per controllare collegamenti tra diverse testate ed evitare inganni”. Ma non chiamatela riforma, dice Bonaiuti che evidenzia due obiettivi imprescindibili da tenere fissi: tutelare l’occupazione del settore e il pluralismo di voci. “Non abbiamo sperperato fondi in ammortizzatori sociali – afferma poi il portavoce del Premier – credo sia necessario garantire che i fondi istituiti per giornalisti e dipendenti abbiano una continuazione. Avere uno stipendio, seppure ridotto, per persone che sono sui 50 anni non è cosa da poco e deve rimanere il principale obiettivo”.
Altra grana il web e le nuove abitudini di lettura. “Siamo sotto un attacco, non voluto ma feroce, da parte di Internet”, dice il sottosegretario che propone di andare verso una sorta di “norma Google” per riuscire ad aiutare i quotidiani, siano essi su carta che online, e salvaguardare le redazioni. “Il 70-80 per cento del materiale che leggiamo su IPhone riguarda informazione che proviene da giornali o periodici”, dice infatti Bonaiuti che, prima di dare appuntamento alla Commissione per un’altra audizione giovedì, conclude: “Sono problemi che dobbiamo affrontare con chiarezza e spietatezza perché non solo sono a rischio voci del pluralismo, ma sono a rischio anche posti di lavoro in un giornalismo che vede aumentare il fenomeno dei precari”. (AGENPARL)

