“L’informazione non ha bisogno di tuttologi, ma di giornalisti preparati”. Lo ha detto Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), intervenendo a Roma – presso la sede del sindacato (nella foto un momento della riunione) – alla presentazione del volume “Giornalismo e religione”, di Giuseppe Costa, Giuseppe Merola, Luca Caruso, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana. Oggi “non sono cambiati i contenuti, ma cambia il modo di porsi della religione”, ha esordito Siddi, soffermandosi sull’attualità dei “richiami di Giovanni Paolo II ad avere sempre il coraggio della verità, a resistere agli interessi di potere, a fare bene il proprio dovere in ogni circostanza, sapendo che il fine dell’informazione è l’uomo, la persona umana”. Richiami “continui”, quelli del Papa polacco, che “hanno contribuito a fare un’informazione coraggiosa sulla Chiesa cattolica, in vicende di cronache e anche id dolore che stanno segando, anche fisicamente, papa Benedetto XVI”. Siddi ha definito il libro una “guida preziosa” nelle scuole, in un momento in cui quella del vaticanista è diventata “una disciplina vera e propria, autorevole, che svolge un ruolo rilevante” nelle redazioni. Quello del giornalista, per Siddi, “è un mestiere che richiede di essere libero, per saper rendere le cose in maniera trasparente, leale”: di qui la necessità di fare “un’informazione qualificata”, capace di “rendere i fatti comprensibili, non solo attraenti”Tra giornalismo e religione esiste “una forma di reciproca diffidenza” che “va superata”. Ne è convinto Angelo Scelzo, sottosegretario del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali (Pccs), Per quanto riguarda i rapporti tra giornalismo e religione, secondo Scelzo, occorre “andare alla ricerca di strade per migliorare la conoscenza reciproca, per superare le incomprensioni”, ma anche quelle forme di “comunicazione selvaggia” stigmatizzate ieri dal card. Bagnasco nella sua prolusione. L’esempio positivo indicato da Scelzo è stato il passaggio tra i due pontificati, nel 2005, e soprattutto il momento della morte di Giovanni Paolo II, in occasione della quale “il mondo dei media ha restituito in rispetto e discrezione ciò che aveva ricevuto, da parte del Papa, in disponibilità e accoglienza. Mai la Chiesa e i media sono stati così vicini, mai i media sono riusciti a trasmettere un tale clima di rispetto e di vera e propria spiritualità”. Da parte sua, ha concluso il sottosegretario, Benedetto XVI ha “accolto” questa sfida, e grazie a lui “la Chiesa è oggi presente sul web 2.0 e su tutti i social network. Sa di fare notizia, e aggiorna i mezzi per venire incontro a chi bussa mediaticamente alle sue porte.
Il direttore della Lev, Don Giuseppe Costa ha ricordato, pero’, che “i giornalisti debbono essere sì equidistanti ma anche competenti”, cioè “c’è un problema serio di formazione”, che emerge, ha spiegato anche “nella recente vicenda della pubblicazione di documenti riservati sottratti illegalmente”. Coordinando il dibattito nella sede della Fnsi, la vaticanista di Rainews24, Vania De Luca, presidente regionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana, si è riferita anche lei all’episodio, ma ha citato invece il cardinale Angelo Bagnasco che ieri aveva definito la pubblicazione dei documenti come “azioni criminose”, con “un richiamo – ha detto De Luca – che dovrebbe far riflettere tutti noi giornalisti”. (SIR,AGI,FNSI)

