Dig.it, il numero zero:450 persone che hanno partecipato fisicamente ai lavori.1500 tweet con l’ hashtag #digitfi12. 250.000 contatti stimati via tweet. Più quelli (numeri non ancora disponibili) tramite streaming. Sono alcuni dei dati (i primi) relativi a Dig.it, il primo incontro nazionale sul giornalismo e l’ editoria digitale che si è svolto il 4 e 5 luglio a Firenze, organizzato da Associazione stampa Toscana, gruppo Digiti e Lsdi. Nel metting affrontate numerose tematiche tra cui la quantità di informazioni, di contatti e di pagine lette e cliccate, ma anche qualità dei contenuti e compenso dei redattori che deve essere adeguato al servizio reso alla collettività.“Occorre aggiornare le politiche sindacali in un sistema che cresce. Ricerca di soddisfazione morale, ma anche materiale. Il progresso si può gestire, ma all’interno di un complesso sistema in cui occorre capire il businnes che interessa chi presta la propria opera intellettuale e materiale” da qui si sviluppa la discussione sulle modalità necessarie da attuare per poter ottenere ricavi dall’attività giornalistica in rete attraverso il fenomeno delle sponsorizzazioni, ma anche l’equo compenso che interessa direttamente i redattori.
In attesa di pubblicare le riprese di tutte le fasi dei lavori, e le sintesi del dibattito generale e dei dodici panel che si sono tenuti fra l’ Auditorium di Santa Apollonia e l’ Aula magna della Facoltà di storia, Lsdi comincia a raccogliere i materiali predisposti per il dibattito e a segnalare gli interventi più interessanti che ne sono seguiti. (Una serie di spunti e indicazioni sono sulla pagina Facebook del gruppo Digiti.)
Il mestiere del giornalista
Mario Tedeschini Lalli (Viva le redazioni ibride, le distinzioni di ruolo fanno male al giornalismo) critica l’ impostazione alla base dell’intervento di Daniela Stigliano, che per la Fnsi coordina “le attività e le iniziative per la multimedialità, l’innovazione dell’industria dell’informazione, lo studio delle nuove esigenze contrattuali (come organizzazione e figure professionali)”, cioè tutto quel settore che riguarda proprio il “nuovo giornalismo”. E che sottolinea la necessità di mantenere un sindacato specifico per i giornalisti e in particolare afferma che “come abbiamo fatto per la stampa e per la televisione” occorre cominciare a ragionare per distinguere chiaramente le figure professionali anche nel mondo digitale: i giornalisti dagli altri “lavoratori dell’informazione”.
Per Tedeschini Lalli occorre piuttosto fare il contrario, non è più possibile distinguere i giornalisti per “ciò che fanno”, per gli strumenti che adoperano, ma solo per la funzione sociale che svolgono e i criteri con i quali la svolgono. Come avevo detto parlando del Giornalismo dei dati, non si può pensare che ci sia un “tecnico” che ti organizza il database e il giornalista che gli dà istruzioni, in prospettiva sarà tanto “giornalista” chi scrive l’articolo, quando chi organizzerà i dati in modo strutturato che quella storia hanno rivelato. D’altra parte, strutturare i dati vuol dire anche immaginare le “domande” da porre ai dati stessi per ottenerne riposte utili – e “fare le domande giuste” è il primo compito di un giornalista.Non mi nascondo che un sindacato, che ha come compito quello di tutelare i suoi iscritti, abbia una tendenza naturalmente conservatrice, ma se oggi non la si contrasta vigorosamente si rischia la scomparsa pura e semplice dei giornalisti e del sindacato che li rappresenta. (LSDI,NOVE FIRENZE)

