Arriva martedì in aula alla Camera per il primo esame il disegno di legge che cancella il carcere per i giornalisti, riforma gli obblighi di rettifica e li estende a testate radio-televisive e web (blog esclusi). Il testo, che allinea la disciplina italiana a quella dei principali Paesi europei, sostituisce la pena detentiva con una multa di diversa entità a seconda dei casi: si tratta di un passaggio importante, che apre però qualche nuovo problema e soprattutto rischia di non essere definitivo. L’intervento sulla diffamazione serve a cancellare la peculiarità italiana del carcere per i giornalisti, tornata di attualità dopo i casi di Alessandro Sallusti (direttore del Giornale) e di Giorgio Mulé (direttore di Panorama), condannati a pene detentive per “omesso controllo” su articoli accusati di aver diffamato dei magistrati. Al posto del carcere da uno a sei anni si prevede una sanzione da 5mila a 10mila euro, che può poi alzarsi fino a quota 60mila euro quando l’offesa nasce dall’attribuzione consapevole di un fatto falso (in questo caso la sanzione minima è di 20mila euro): una sanzione che non cancella la qualifica penale della diffamazione, e che dà quindi luogo per i “recidivi” alla pena accessoria dell’interdizione dalla professione per un periodo da uno a sei mesi. La pubblicazione della rettifica, purché naturalmente risponda ai requisiti di legge, mette al riparo dalla condanna. (SOLE24ORE)

