A Napoli, tra un capitone e un piatto di minestra maritata, tra un dolce tipici come roccocò e struffoli, eccoci tutti davanti alla tv con le sciarpe azzurre e i cappellini da Babbo Natale, ammirando il gioco della squadra di Sarri, le prodezze di Mertens o Insigne. Manco il tempo di scambiarci gli auguri, ché già ci troviamo a esultare per un gol, a imprecare per un’occasione sbagliata e perché no, a “gufare” le dirette inseguitrici e a sperare che il “traditore” Higuain inceppi la sua vena realizzativa.
Da sempre il Natale è il momento della pausa dal quotidiano (e quindi anche dal calcio), della sospensione del tempo (il presepe ne è un esempio, il luogo dove l’Eterno e l’immanente s’incontrano), per cui restare agganciati alla realtà del campionato certamente produrrà uno sfasamento e sarà il segno di un’abitudine nuova, da cui difficilmente torneremo indietro.
Del resto gli stessi calciatori dopo le fatiche estive e autunnali, gli impegni con le Nazionali e le logoranti trasferte europee avrebbero bisogno di un po’ di riposo, di quella pausa necessaria a far ritrovare benzina nelle gambe. Non sarà così; ci penseranno gli allenatori a resettare la preparazione.
Eppure non facciamo gli ipocriti: i veri tifosi senza calcio non ci sanno stare. Tradizioni o no, tempo sospeso o meno, chi ha il calcio nel cuore è solo contento di vedere la propria squadra scendere in campo. E magari con essa moltiplicare le ragioni di festa.

