«Un fatto inquietante – commenta il presidente dell’Ordine Carlo Bartoli – che non può essere derubricato a semplice incidente di percorso».
Per Bartoli «la vicenda, che certo oltre ai risvolti penazli avrà anche ripercussioni disciplinari per chi è coinvolto, propone un problema serio che solo la ventennale inerzia del Parlamento ha impedito di risolvere Come è possibile che un investigatore privato possa facilmente iscriversi all’albo? La falla sta tutta nell’impianto di una legge ferma al 1963, un’altra era geologica per il mondo dell’informazione. Con le attuali norme è sufficiente dimostrare di aver svolto un’attività minima continuativa per due anni, anche con una delle migliaia di micro testate web, è l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti è un atto dovuto».
Il presidente elogia il lavoro di tanti pubblicisti seri e scrupolosi che lavorano «davvero», ma chiede che nella legge si inserisca un nuovo vincolo: «per essere iscritti all’Ordine occorre avare una posizione previdenziale giornalistica attiva e versare i contributi».

