“Diffondere pensieri di solidarietà, di amore e di speranza”. Sono le parole di papa Francesco che da anni fa un mosaico per rendere la comunicazione “più umana”. Ognuno di noi può iniziare a riflettere sull’uso del linguaggio quotidiano in ambito professionale. Il compito di noi giornalisti e comunicatori è di dare voce a tutti uomini e donne e, allo stesso tempo, contrastare modalità aggressive a cui assistiamo troppe volte.
Le domande che dobbiamo farci
Quando pubblico un articolo o un video, e scrivo un messaggio suoi social, penso alle conseguenze? Tengo conto delle percezioni che può generare nei miei lettori e follower? Di fronte al “sovraccarico di informazioni, è possibile costruire un giornalismo più analitico e riflessivo? Un giornalismo che va contro corrente? Sono le domande che dobbiamo farci.
Nella ricorrenza del patrono dei giornalisti, San Francesco Di Sales, inizia il Giubileo 2025 del mondo della comunicazione. L’evento è dedicato a giornalisti, operatori dei media, dirigenti e direttori di testata, videomaker, grafici, addetti alle pubbliche relazioni, social media manager, tecnici audio e video, tipografi. Il motto del Giubileo è “Pellegrini di speranza”. Essere pellegrini significa mettersi in cammino per una nuova meta. È per noi giornalisti la nuova meta è il nuovo modo di interpretare la professione e il nuovo modo di saper narrare la storia con occhi nuovi.
Se la nostra comunicazione non porta speranza e non promuove la pace, è meglio non dire nulla. L’uomo è un essere sociale, che vive nella comunità e contribuisce al suo sviluppo. La comunicazione è la modalità, lo strumento, attraverso il quale ci relazioniamo con i nostri simili. Se la usiamo in modo corretto, miglioriamo come individui e come società; se la usiamo in modo aggressivo o fuorviante, ci danneggiamo.
Proporre un messaggio positivo non significa essere ingenui o vivere fuori dal mondo. Significa interpretare con un nuovo linguaggio verso i giovani e quanti si accostano alla lettura.
Il valore del Giubileo
Giubileo è una parola antica. Spiazzante. Impegnativa. È una parola che ci sfida a recuperare il senso di tutte le altre parole. A non avere paura di ricominciare, se il nostro parlare ci sembra diventato vuoto. A non arrenderci all’incomunicabilità, se le nostre parole le abbiamo consumate tutte, fino a farle diventare senza significato, senza spessore.
Giubileo non è tutto quel che spesso pensiamo sia. Un evento spettacolare. Un momento di festa fine a se stessa, per distrarci magari dai nostri pensieri. Che dura inevitabilmente lo spazio di un istante.
È semmai il contrario: è un’occasione per ricominciare che apre lo spazio del futuro, la soglia di una speranza che non finisce.
Il ruolo dell’Ucsi
L’Ucsi, in questi anni ha proposto un nuovo modello cercando di rigenerare la comunicazione, mettendo insieme diverse anime del mondo cattolico e laico che si sono confrontato sul tema dell’informazione e comunicazione. In questi anni abbiamo anche lanciato una sfida con il commento dei dieci messaggi che papa Francesco, nel suo primo decennio di pontificato ha consegnato in occasione delle Giornate mondiali delle comunicazioni sociali, facendoli commentare ai direttori dei quotidiani nazionali.
La nuova sfida dell’Ucsi ha, tuttavia, anche una proposta originale, che deriva proprio dalle elaborazioni scaturite dalla scuola di formazione di Assisi: l’abbiamo ribattezzata la proposta delle “5M”, il cui significato, in linea con la necessità di cambiare strada, è quello di andare oltre le tradizionali 5W, aggiungendo (“More”) Umanità, Tempo, Fonti, Diritti, Linguaggi. Per il Giubileo ci è stato chiesto di essere “cerniera” all’interno delle istituzioni di categoria e della professione. Abbiamo proposto un corso di formazione dal titolo ‘Il giornalismo a servizio della democrazia. Pellegrini di speranza, comunicare il Giubileo 2025 per costruire insieme un mondo migliore’,
Essere giornalisti di speranza
Essere giornalisti di speranza non significa confezionare prodotti zuccherosi, naïf, o scrivere che “tutto andrà bene” come accadeva durante la pandemia. In una recente intervista, l’inviato di Avvenire Nello Scavo ha spiegato che la speranza in questo mestiere si esercita esattamente «dove le cose non vanno bene, con la capacità di scorgere, di fronte al male, mettendoci a rischio, storie, anche piccole, di riscatto, cambiamento, futuro».
Una ricerca, questa, che anzitutto rende giustizia alla verità, perché la realtà non è mai tutta bianca o tutta nera. Ma, in secondo luogo, si tratta di una ricerca che risponde a una precisa esigenza di una comunità: confrontarsi sul futuro e iniziare a progettarlo insieme e per fare questo occorre nutrire una solida speranza che, nonostante tutto, l’umanità è in cammino verso il bene, anche se le stesse cronache rendono quei impossibile crederci. Tutto questo chiede ai giornalisti di tornare a consumare le suole delle scarpe, come ha più volte invitato a fare papa Francesco. D’altro canto i giornalisti sono chiamati oggi a essere quanto mai professionali e rigorosi. Solo la qualità potrà salvare il loro lavoro dalla marea montante di un “digitale” che appare sempre più deregolato e quindi esposto a fake news e manipolazioni in nome di nuovi poteri forti. Essere, in una parola, “testimoni credibili e di speranza”.