Dimenticare le radici cristiane dell’Europa è esporre il continente europeo al “rischio” di vedere il suo “slancio originale soffocato dall’individualismo e utilitarismo”.
Così si era espresso nel 2009 Papa Benedetto XVI, ricevendo in Vaticano l’allora capo della delegazione della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede.
Per essere “uno spazio di pace e stabilità” -aveva detto Papa Benedetto- l’Unione Europea non deve dimenticare i valori che “sono frutto di una lunga e silenziosa storia nella quale, nessuno potrà negarlo, il cristianesimo ha giocato un ruolo di primo piano” ribadendo “l’uguale dignità di tutti gli esseri umani, la libertà dell’atto di fede come radice di tutte le altre libertà civili”.
I giornalisti cattolici in questo senso rivestono una missione di grande efficacia perché in Occidente la memoria di questa tradizione non si rarefaccia fino a perdersi.
In quest’ottica, raccontare “gli atti di fede”, gli eventi di pietà popolare liberamente espressi in un mondo ormai completamente secolarizzato, riveste grande dignità testimoniale e diviene servizio per il lettore, aderendo al nostro mandato di cronisti cattolici.
Nel tardo pomeriggio dell’ultimo venerdì di questa Quaresima, un nutrito gruppo di fedeli oranti ha sfilato in Via del Corso, nel centro di Roma, in processione tra turisti incuriositi e persone indaffarate nello shopping, alla sequela di una Croce sostando in 7 stazioni allestite nelle parrocchie della prima prefettura della Diocesi di Roma che, in collaborazione con i parroci del centro storico, ha promosso questa Via Crucis segnata dall’ascolto e dalla meditazione di quelle che furono le ultime parole di Gesù Cristo sulla croce.
Come accade con chi ci è stato caro, gli ultimi momenti della sua vita risuonano sempre nella nostra memoria e le sue ultime parole ci ridonano echi nuovi nel ricordo di chi le ha pronunciate, così le ultime parole di Gesù sono entrate nel cuore di ciascuno dei partecipanti.
Molti i sacerdoti e i religiosi che hanno animato la processione, ma soprattutto la gente comune che ha testimoniato silenziosamente la propria fede davanti a un mondo apparentemente assente ed occupato in altre faccende.
La Via Crucis nel centro di Roma
Sette le splendide chiese che hanno ospitato le stazioni di questa Via Crucis. Partendo da Santa Maria del Popolo e poi arrivando a Santa Maria dei Miracoli, per proseguire a San Giacomo in Augusta e poi nelle maestose San Lorenzo in Lucina e Santi Ambrogio e Carlo al Corso, e, per concludere, passando per la chiesa della Santissima Trinità a Via Condotti, nella Basilica di San Silvestro in Capite, illuminata solo dalla luce delle candele in un’atmosfera di grande raccoglimento.
Non soltanto le preghiere di rito ma molti gli spunti di riflessione offerti ai pellegrini. Sono stati letti brani di Don Tonino Bello, Enzo Bianchi, Sant’Agostino, Dietrich Bonhoeffer, Benedetto XVI, Primo Mazzolari.
Temi fondamentali, il perdono e l’affidamento alla Misericordia di Dio per comprendere il senso del dolore umano, riassumibili in due momenti in particolare. “Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno” (Luca 23,34), dove è anche l’amore per i nemici che ci unisce a Cristo, grande manifestazione d’amore che i discepoli di Cristo sono chiamati a vivere. E l’abbandono fiducioso (Luca 23,46): “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.
Anche noi percorriamo un calvario e, solo nel momento in cui renderemo a Dio la nostra vita, comprenderemo – citando Don Tonino Bello – che il nostro dolore ha alimentato l’economia sommersa della Grazia e che il nostro martirio non è stato assurdo, ma ha ingrossato il fiume della redenzione, raggiungendo i più remoti angoli della terra.
Prima di sciogliere l’assemblea i fedeli hanno recitato la preghiera composta da Papa Francesco a Maria, Madre del Divino Amore e Salvezza del popolo romano.