Un gruppo di giornalisti dell’Ucsi dell’Emilia-Romagna, guidato dal presidente Francesco Zanotti, ha fatto visita all’eremo di Sant’Alberico, in Romagna, dove opera da una decina di anni don GiamBattista Ferro, il cui incontro è avvenuto all’insegna di domande, riflessioni e spiritualità: sullo sfondo una vita nuova da donare agli altri, anche nel segno dell’informazione.
Una salita verso l’eremo e l’incontro con don Giambattista Ferro
Ci si arrampica molto in alto, quasi in cielo, là dove l’azzurro è splendente grazie a un’aria tersa e “fina”. O forse l’azzurro è speciale perché l’atmosfera, il clima – a cominciare da quello interiore – vira immediatamente al bello e scaccia via ogni nuvola.
L’eremo di Sant’Alberico, imbucato nel bel mezzo dell’Appennino romagnolo a un tiro di schioppo da Toscana, Marche e Umbria, è quel luogo di incontro – e soprattutto dello spirito – che può capitare di raggiungere per chissà quali motivi. In realtà non ci si arriva per caso ma bisogna sceglierlo, forse guidati, magari a seguito di un suggerimento o un’eco lontana che ripete il suo nome e più indistintamente il perché dell’incontro. Di sicuro, e non a caso, c’è andato don GiamBattista Ferro (76 anni di vita complessa e avventurosa e fuori dai cori angelici) che da una decina di anni (appena due come sacerdote) ha ereditato il ruolo, anzi il carisma, di eremita; un ruolo precedentemente svolto da altri straordinari quanto originali servi di Dio che risposero con entusiasmo a una chiamata piena di interrogativi snocciolati in mezzo a un bosco, nel silenzio e nella contemplazione: figuriamoci come saranno, quegli interrogativi, per gli uomini e le donne del nostro tempo che se non sono costantemente collegati – con tutti e in definitiva con nessuno – non vivono (non vivrebbero) bene. Ma nell’eremo il problema non è naturalmente internet (la password del Wi-Fi don GianBattista non la rivela proprio) quanto il rapporto – già, la connessione – con il Cielo.
Siamo più vicini al Cielo
Qui – si è più vicini ma non è questione di altitudine – vieni per farti le domande di cui sopra e magari per risponderne a qualcuna. Te le poni perché giornalista o imprenditore, pensionato o casalinga, studente oppure operaio? Ma no, te li poni semplicemente perché …persona e allora prima trovi la chiave giusta e poi, a prescindere dal ruolo in società, sarai in grado di agire.
Tutto parte, secondo l’eremita bergamasco (i cavalli e qualcos’altro erano la sua passione), dall’amore come dono di cui “bisogna essere pieni”. È solo dopo, come si diceva, che si sarà in grado di riversarlo sugli altri nelle più diverse occupazioni, ruoli, attività, funzioni della vita quotidiana. Così per i giornalisti, sempre più bistrattati ma sempre più necessari per una società che non può prescindere dall’informazione autentica, dalla verità, dalla luce.
Don GianBattista Ferro non ebbe dubbi quando “una vocina” lo condusse in questa landa sperduta che mille anni fa venne illuminata dalla presenza dei benedettini, autentici fari di cristianità e di cultura. Al suo fianco c’erano un padre spirituale e la madre, vera, radicata nella fede più semplice e robusta.
L’esperienza dell’eremo e le “sfide” dietro l’angolo
L’eremo accoglie chi insegue un autentico approfondimento spirituale, anzi chi è alla ricerca dello Spirito e intende diventare “una persona nuova”; é insomma aperta alla Grazia, attende le indispensabili “vibrazioni”. Ma ognuno, sottolinea GianBattista (un sorta di “anarchico di Dio”), a modo suo, con la propria sensibilità, la propria storia, la propria cultura. E allora “occorre affidarsi”, ma con la nostra volontà e le nostre scelte. Al termine del percorso, garantisce l’eremita, la vita è piena, feconda e pronta per essere donata agli altri.
Dal tu per tu con sè stessi si scende, e non solo metaforicamente, a valle: la prima tappa, che fa pensare, dista meno di un chilometro dall’eremo: è un monastero sui generis, trasformato di recente in una splendida struttura alberghiera con piscina, spa e gastronomia gourmet, mèta di un turismo anche vipposo. La sfida della vita, in definitiva, è sempre e subito dietro l’angolo e ci invita al costante discernimento all’insegna della fede incarnata e del “qui ed ora”.