16 Agosto 2025
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Essere giornalisti impone sempre e ovunque di 'leggere' i fatti e le storie con occhi particolari

L’ombrellone è il paradigma del nostro nuovo ufficio (non-ufficio)

storia sotto l'ombrellone

Alberto Lazzarini

Bisogna essere grati ad Antonello Riccelli per le idee e soprattutto per le sollecitazioni che ci offre, come in questo caso chiedendoci del ”luogo” in cui svolgiamo il mestieraccio di giornalista.

Ecco, il mio luogo – oggi – è l’ombrellone della spiaggia, per due motivi. Il primo è evocativo: due anni fa feci una delle mie più inaspettate, curiose e originali interviste. Il protagonista era Lo, un vivace ambulante senegalese che dopo aver venduto la merce – udite udite – emette regolare scontrino fiscale. Come dire che a Lido di Spina nevica ad agosto, che hai incontrato la tigre bianca o che i treni sono sempre in orario.

Tanta fu la sorpresa che ne parlarono anche i telegiornali nazionali innescando non poche riflessioni su chi paga e chi non paga le tasse. Ma non divaghiamo perché, quella (anche quella?), è una partita persa. In realtà Lo è anche una fonte preziosa di informazioni. “Quest’anno c’è meno gente”. Perché, Lo, perché? “Hanno in tasca pochi soldi e allora riducono la vacanza e la spesa”. Cottarelli dovrebbe assumerlo all’istante.

In realtà l’ombrellone dello stabilimento balneare è il paradigma dell’ufficio-non ufficio, cioè del “luogo-non luogo” della nostra professione soprattutto oggi, potremmo aggiungere, che le tecnologie hanno invaso il nostro campo di azione e di gioco rivoltandone ogni zolla e rivoluzionandone anche superfici e piani. La verità, insomma, è che si lavora sempre e ovunque, si scrivono pezzi in ogni dove e da qualunque parte spedendoli non all’antico linotypista e nemmeno alla redazione ma direttamente sulla pagina, per non parlare di tv, radio o internet i cui collegamenti sono istantanei.

C’è da sperare, anzi da fare, che l’intelligenza artificiale – per definizione luogo-non luogo – non sfugga di mano alla categoria e soprattutto al settore editoriale: sarebbero guai grandi.

Le modalità di svolgimento della professione sono certamente cambiate, cambiano e ancora cambieranno, ma la sostanza di fondo non può perdersi: la persona deve rimanere la protagonista, sia in quanto attrice (nel caso specifico della creazione della notizia o quanto meno del suo controllo) sia in quanto destinataria, nel senso che l’informazione deve sempre essere correlata alla dignità e alla profonda essenza dell’essere umano. Sant’Agostino diceva:

“Le parole non furono create per permettere agli uomini di ingannarsi fra loro ma per permettere a ciascuno di trasmettere all’altro la bontà dei propri pensieri”.