17 Agosto 2025
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Quando il lavoro diventa occasione di pensiero e riflessione anche sulla Chiesa

Il mio osservatorio privilegiato

via della Conciliazione osservatorio privilegiato

Vania De Luca

Sfondo e teatro di piccoli e grandi eventi  quella piccola area tra via della Conciliazione, piazza san Pietro e la Basilica. Di qui sono fluite la storia della Chiesa e tante storie di singoli e di gruppi. Di qui sono passate generazioni, transitati flussi di pellegrini da tutti i Paesi del mondo, ininterrotti tranne che in alcune circostanze eccezionali, come il tempo sospeso della pandemia. Spazi diventati per me, da molti anni, principale e privilegiato luogo di osservazione e di lavoro, di racconto e di scoperta, di incontri e di sorprese, di ricerca e di domande.

Nei giorni dell’ultimo conclave e dell’attesa fumata bianca premonitrice di Prevost, ho risalito quei gradini dell’impalcatura predisposta dall’Ebu (collegamenti internazionali) tra la sala stampa e il colonnato già conosciuta in altre occasioni, dalla canonizzazione di Madre Teresa al conclave del 2013, all’apertura della porta santa per il giubileo straordinario della misericordia voluto da Francesco. Gradini in salita e in discesa, per i collegamenti al secondo piano, con telecamera vista piazza. Ho re-incontrato, questa volta, un operatore di riprese che di me si ricordava: “diversi anni fa… ho seguito con te una diretta che non finiva più… e tu dopo che hai parlato per tre ore mi hai detto: sei stanco? ti porto qualcosa da mangiare? Eravamo in fondo a via della Conciliazione…”.

Ho sorriso, rivedendomi ai tempi in cui fluivano ore di dirette e si rischiava di giocarseli, gli operatori. Ho fatto un po’ mente locale e l’ho ricordata, quella giornata: funerali di Giovanni Paolo II, postazioni fuori via della Conciliazione, verso Castel sant’Angelo, il server di Rainews fuori uso che consentiva solo dirette e non servizi chiusi e la decisione di rimanere su San Pietro non per i previsti affacci ma per tutta la mattina: “20 anni, amico mio, sono passati 20 anni”. E dopo allora l’intero pontificato di Benedetto XVI e poi quello di Francesco.

E ora è il tempo di Leone, arrivato inaspettato (fu un po’ così anche per il suo predecessore), anche se una voce, quel nome, me l’aveva suggerito. La grandezza della Chiesa, in certi momenti di scelta, le sue riserve al di là di apparenze e previsioni, mi commuovono.

E così, dopo gli anni straordinari al seguito di Francesco, ho cominciato ad apprezzare la forza e l’energia di una spiritualità profonda e di un’esperienza maturata  dal nuovo papa in diversi ambiti, dalla missione in Perù alla guida degli agostiniani, a un dicastero della curia.

Mite e fermo, Leone, pacato e riflessivo e insieme energico, deciso. A chi continua a domandarmi “com’è questo papa?” mi viene da rispondere semplicemente “bravo! è bravo. Quel che ci voleva”. Non mi piacciono i confronti. Non li trovo pertinenti.

Al Giubileo dei giovani, a Tor Vergata, più di un milione dai cinque continenti, una grande sintonia e un’armonia palpabile. Al centro della veglia l’ostia consacrata, l’indomani messa e Angelus. E alla cronista, che si interroga sul lungo tempo già passato e su quello, più breve, che ha davanti, affiorano alla mente –consolatori– i versi del poeta: “c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”.