Giacinto Pinto: “Il giornalismo è cambiato, ma resta un servizio. E l’umanità non può sparire”
L’intervento di Giacinto Pinto, volto del Tg1 e cronista di lunga esperienza nella cronaca nera e giudiziaria, ha rappresentato uno dei momenti più attesi della scuola Ucsi di Assisi.
Pinto parte dalla propria storia, dalla provincia di Foggia, dove ha iniziato nel mondo cattolico e nella stampa locale per poi arrivare a Roma, con il Tg1, agli anni da inviato dove si occupa di omicidi, inchieste, emergenze.
«La cronaca ti porta ovunque: di notte, all’alba, sotto la pioggia – dice Pinto – devi essere attento, devi saper vedere, e devi capire subito cosa non devi fare. C’era un tempo in cui alle 7.30 del mattino ti chiamava un maggiore dei carabinieri. Andavi sul posto, parlavi, osservavi. Oggi arriva un comunicato, e intanto la rete ha già diffuso tutto: foto, video, storie. È cambiato il ritmo, è cambiato l’accesso».
La conseguenza per Pinto è chiara e nitida: «Il nostro lavoro giornalistico è diventato molto più complicato. Oggi è necessario verificare, ricostruire, fermarsi prima di cadere nel rischio enorme di ciò che circola online».
È su questo sfondo che si innestano le due domande dei giovani presenti a quali Pinto prova a dare risposta attraverso la sua esperienza diretta.
Un ragazzo racconta la fatica dei primi passi: uno stage non retribuito, la difficoltà di farsi ascoltare in una redazione enorme, il timore che l’intelligenza artificiale sottragga ulteriore spazio ai giovani che non hanno ancora un ruolo.
Pinto ascolta e risponde senza sconti affermando che lo spazio è poco, le redazioni hanno chiuso, i giornali locali sono in difficoltà. Ma che la strada più seria resta il praticantato, la formazione vera. Bisogna «studiare, studiare, studiare» e non saper semplicemente scrivere: «servono competenze, metodo, responsabilità» specifica Pinto. Sul rischio che l’IA tolga opportunità, aggiunge: «Gli strumenti li usiamo tutti, ma la differenza la fa chi li sa governare, non chi li subisce».
La seconda domanda arriva da una giovane cronista locale: come tenere insieme l’urgenza della cronaca e la necessità di mantenere uno sguardo umano? Anche qui Pinto non fa sconti e afferma che l’umanità è fondamentale. Non è un accessorio.
«Le storie che raccontiamo oggi hanno spesso per protagonisti ragazzi giovanissimi, vittime e autori. Non possiamo limitarci al dettaglio che fa rumore. Dobbiamo dare voce ai genitori, alle famiglie, a chi resta. Raccontare senza spettacolarizzare, senza ferire» conclude.
Infine, un passaggio sul pubblico che chiude il suo discorso: «I giovani sono lontani dall’informazione tradizionale. Ma i genitori e i nonni ancora ci seguono. Bisogna tenerli con noi e, allo stesso tempo, capire come parlare alle nuove generazioni con linguaggi diversi».
E ribadisce il principio più semplice e più difficile: «Il giornalismo è un mestiere fatto per dare, non per ricevere. È servizio. E l’informazione, come l’acqua, è un diritto di tutti. Per questo non possiamo permetterci di perderla».


