16 Novembre 2025
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La Presidente della Regione Umbria alla Scuola dell’UCSI: Servono voci che restituiscano profondità e contrastino la superficialità

Giornalisti di confine e di frontiera

Giacomo Mele

Durante la seconda giornata della Scuola Ucsi Giancarlo Zizola, dal titolo “Giornalisti di Speranza, dedicata ai giornalisti uccisi per le guerre e per mafie”, si è entrati nel vivo del nuovo argomento:La frontiera come Speranza.

Un tema che ha visto legare la riflessione iniziata da Lucia Goracci, inviata TG3 Rai, sul giornalismo di confine e specialmente nel Medio Oriente, con la nuova testimonianza di Katia Ferletic, Caporedattore del settimanale sloveno Novi Glas

Due modi di essere giornalisti e due spazi dei giornalisti dove può convivere la Speranza.

Come ha sottolineato la ex presidente Ucsi Vania De Luca, in un momento storico del giornalismo italiano, in cui “la politica è entrata nelle redazioni in una maniera mai vista prima”, si può rispondere solo citando Emilio Rossi:il nostro spazio sacro non si tocca”.

De Luca ha poi aggiunto come “lo spazio del giornalismo, in cui il giornalista non può rimanere solo, è uno spazio che oggi è sempre più martoriato. L’Ucsi nella sua storia cerca sempre di difendere questi spazi di proprietà e, tra il giornalista di propaganda e giornalista martire, ci può essere la via di mezzo nel giornalista della porta accanto. E può formare anche questi giornalisti.

Parole riprese anche dalla presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti, che nel suo discorso di benvenuto ha voluto esprimere la sua stima nel tema scelto quest’anno, ovvero la speranza alla luce del Giubileo: «La speranza che la voce dell’informazione continui ad alzarsi sempre più forte e vigorosa, che chi fa questo delicato lavoro non sia imbavagliato o peggio ancora ucciso. Avete fatto benissimo a dedicare la vostra tre giorni di lavoro ai giornalisti uccisi nelle guerre e dalle mafie. Questo non solo per onorare la memoria di chi è morto nell’adempimento del servizio, per la sola colpa di raccontare la verità. Ma anche perché la conoscenza della storia di queste “vittime” può essere di monito ai giovani giornalisti, a coloro che si avvicinavano a questo mestiere con la passione e il sogno di essere i “cani da guardia” del potere».

Non solo, ma in un momento storico in cui la velocità delle notizie, l’uso dell’intelligenza artificiale e la potenza dei social network stanno cambiando il modo in cui le persone si informano, si formano, si relazionano e decidono, Proietti ha tenuto inoltre ad evidenziare come “ciò che non cambia – e non deve cambiare – è la responsabilità etica di chi informa e di chi governa questi processi. Un’informazione libera e indipendente è la prima condizione per una società giusta e consapevole. E i giornalisti hanno una nuova responsabilità: quella di restituire profondità, di contrastare la superficialità, di ricostruire il contesto. In un mondo che corre, servono ancora voci, tante voci, che aiutino a comprendere, che sappiano informare”.