17 Novembre 2025
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Il bilancio finale di tre giorni di incontro, confronto e dialogo alla scuola Ucsi nella città di San Francesco

Da Assisi nuova speranza per i giovani giornalisti

da Assisi nuova linfa per tanti giovani giornalisti

Beatrice Zabotti e Francesco Diozzi

Un pieno di speranza. È così che siamo tornati da Assisi: con una carica che non avevamo programmato, e che probabilmente non ci aspettavamo davvero. Siamo arrivati con il bagaglio dei giovani giornalisti — entusiasmo, timore della precarietà, domande troppo grandi per poter tentare qualche risposta — e siamo ripartiti con qualcosa che non si compra e non si insegna: una speranza nuova, concreta, quasi fisica.

E quella speranza non si è accesa da sola: è nata anche dalle voci che abbiamo ascoltato, dalle persone che ci hanno parlato come si parla a colleghi in cammino, non a studenti da riempire di teoria.

Tante voci che ci hanno ispirato

Il presidente nazionale dell’Ucsi Vincenzo Varagona ha colto subito il nostro entusiasmo e ci ha detto che non è solo energia giovanile, è sete di cose nuove. Una sete che – dice – “trova una risposta concreta nella proposta della 5M, pensata come complemento umano e aggiunta alle classiche 5W”. Un invito a recuperare uno sguardo capace non solo di informare, ma anche di ricostruire fiducia, relazione, vicinanza verso chi legge.

Alessandro Gisotti, vice direttore del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, ci ha esortati ad avere coraggio di essere controcorrente, se vogliamo essere veri narratori giornalisti di speranza: raccontare storie drammatiche senza arrenderci al buio, cercare — come invita Papa Francesco — quella scintilla, quella luce che spesso resta nascosta, ma c’è. Essere giornalisti che non dimenticano la complessità, ma che non rinunciano a cercare uno spiraglio.

Maurizio Amoroso, vice direttore Tgcom24 Mediaset, è andato dritto all’essenziale: “La speranza siete voi”, ci ha detto: il giornalismo è un percorso fatto di tappe, fatica, formazione e anche nuove tecnologie da imparare ad utilizzare. Ma il punto centrale resta l’ascolto: saper stare accanto alle persone, osservando la realtà con occhi limpidi. Solo così possiamo crescere in umanità e diventare giornalisti capaci di portare speranza.

Con Katja Fetletic, caporedattrice di Novi glas, settimanale sloveno in Italia, abbiamo imparato ad allargare lo sguardo e ad esplorare il “giornalismo di frontiera”, in quei territori dove le cicatrici delle tragedie della storia non si sono ancora rimarginate. Occorre raccontare guardando da più punti di vista per superare i drammi del passato, costruire stabilità, coesione, collaborazione. E soprattutto dare alle nuove generazioni la possibilità di credere che un futuro diverso è possibile.

Infine, Vania De Luca, vaticanista Rai Tg3 e past presidente Ucsi, ci ha ricordato che la Scuola di Assisi non è un’esperienza estemporanea: tutti noi facciamo parte di un cammino che viene da lontano. L’Ucsi, ha detto, è proprio questo: un luogo in cui non sentirsi soli e a cui guardare per costruire una professione attorno a valori solidi cristiani. In un mondo pieno di notizie catastrofiche, offrire uno sguardo di speranza è un servizio alla realtà, al bene comune, alla democrazia.

Il confronto vero tra noi giovani

Ma la Scuola di Assisi di quest’anno non è stata solamente conferenze e interventi. È stata, infatti, anche l’occasione per confrontarsi tra noi, giovani leve, con punti di vista nuovi, di scoprire e dare voce a realtà apparentemente lontane, di vedere e toccare storie distanti ed esperienze diverse dalle proprie e raccontare il percorso, personale e professionale, che accompagna ciascuno di noi.

E c’è di più. La Scuola è stata anche l’occasione per scoprire un nuovo approccio attraverso cui affrontare il mondo del giornalismo. In un clima professionale fin troppo competitivo, in cui la qualità e la “verità” diventano concetti sempre più astratti e trascurabili, e le buone notizie sono strumentali appendici per completare pagine di provincia, è importante un approccio più umano e rispettoso di fare buon giornalismo, attento alle storie di chi ha meno voce per raccontare la propria, al servizio del cittadino senza scendere a compromessi e pronto a dare spazio alle vicende positive.

Cosa ci rimane da Assisi

Infine, cosa rimane di concreto, a noi giovani giornalisti di questi due giorni di confronto e ascolto, scambio e curiosità crescente? Il coraggio di Lucia Goracci, inviata di guerra della Rai, intervenuta da remoto con una testimonianza struggente ma affatto disperata sul suo lavoro più che ventennale in Medio Oriente; la determinazione di Giacinto Pinto, caporedattore della cronaca del Tg1, immerso da anni nel racconto quotidiano di un’Italia che, come le sue problematiche, cambia a vista d’occhio; la passione e la competenza di tutti i relatori, che, di giorno in giorno, raccontano il mondo che ci circonda con talento e competenza, cercando di rimanere quanto più possibile, in una professione frenetica e competitiva, fedeli alle 5M (più richieste e fonti, più tempo, più linguaggi e punti di vista, più protezione, diritti e libertà, più umanità), proposta uscita proprio della Scuola di Assisi; infine, l’entusiasmo e l’ambizione di tutti noi giovani colleghi, le cui storie, ognuna diversa dall’altra, sono di ispirazione e di stimolo per tutti gli altri.

Più volte, nel corso della scuola, si è parlato di speranza come dovere e, soprattutto, come memoria. Ovvero, riprendere al passato per guardare avanti. Ascoltare alle esperienze di altri e cogliere gli elementi che ci possono aiutare ad approcciare al meglio il mestiere che, da più o meno neofiti, ci affascina, e per pensare al futuro con più fiducia. Se davvero vale il detto per cui “chi ben comincia è a metà dell’opera”, la speranza – concetto che dà il titolo alla Scuola e che è rimbalzato più volte nel corso degli interventi – divampa.