(di Raffaele Luise)
“Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche e assolute! Dialogare significa altresì essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte”.
Queste parole decisive, scritte da papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali del 2014, rappresentano da sole l’incipit di un nuovo clima di dialogo, sia interreligioso che interculturale, che caratterizza la straordinaria stagione inaugurata dal papa venuto dalla fine del mondo. Dialogo a tutto campo –come ha da subito dichiarato papa Francesco- con tutte le religioni, con tutte le culture e anche con i cosiddetti “non-credenti”. Un dialogo che ci ricordi- scriveva ancora Bergoglio nel Messaggio- che la prossimità non consiste tanto nel riconoscere l’altro come un mio simile, quanto piuttosto nel farmi simile all’altro. Una capacità di dialogo –ricordava infine il pontefice- che sappia aprire le porte della chiesa anche all’ambiente digitale, per fare “uscire “ il Vangelo e far entrare la gente, spesso ferita”.
Espressioni che idealmente riprendono quelle del fondatore del dialogo moderno, il filosofo e mistico indo-spagnolo (nonchè sacerdote cattolico) Raimon Panikkar. Che amava ripetere: “Il dialogo è vita. Se cade il dialogo, tutto cade”. Fondamentale anche quest’altra affermazione programmatica di Panikkar:”Il dialogo interreligioso è già un atto religioso”.
Ora, proprio a queste affermazioni di papa Francesco (e all’insegnamento di Panikkar) si ispira il Master in comunicazione e mediazione socio-culturale centrato sul dialogo interculturale e interreligioso, le cui iscrizioni si chiudono il prossimo 4 aprile, che l’Università Suor Orsola Benincasa ospita all’interno delle sue attività accademiche, che sarà diretto dal rettore Lucio D’Alessandro e da chi scrive in qualità di vaticanista e informatore religioso della Rai.
Un avvenimento degno di nota, e che fa onore all’Università napoletana, anche perché si tratta del primo Master del genere in Italia. Un corso che vuole porsi in sintonia, da una parte, con il grande lavoro svolto dalla Curia di Napoli del cardinale Sepe nel campo del dialogo tra le diverse etnie, culture e religioni presenti nel territorio, e dall’altra con la ricca tradizione di relazioni e dialogo con l’Oriente che ha caratterizzato la storia partenopea.
Il primo motivo di interesse del Master consiste nel fatto che, come si va da decenni ripetendo sia in abito civile che religioso, il dialogo interculturale e tra le religioni rappresenta lo strumento fondamentale per rispondere alle sfide poste da una società divenuta, in un processo molto accelerato, multi religiosa, multietnica e multiculturale. Basti pensare a Giovanni Paolo II e all’Icona di Assisi del 26 ottobre 1987, al Cortile dei Gentili di Benedetto XVI e alle innovative affermazioni di Francesco, che ne fanno un pontefice (peraltro figlio di immigrati) costitutivamente dialogante.
E’ altresì importante osservare che il Master insiste sull’intreccio del dialogo interreligioso con quello interculturale. E questo non solo perché, nel loro fondo, ambito culturale e ambito religioso sono fortemente collegati (la religione è il “cuore” di una civiltà, diceva Panikkar), ma perché il dialogo tra le diverse religioni, che bene o male coabitano nel nostro Paese, è parte del più generale rapporto tra gli universi religiosi e la cultura contemporanea, caratterizzata da una forte secolarizzazione, anche in tempi di post-secolarismo. E in questo ambito ricadono tematiche complesse e molto delicate quali le differenti e spesso configgenti visioni etiche e la loro ardua composizione nel contesto di una cittadinanza condivisa e di una governance della società plurale radicalmente nuova e capace di superare la crisi del modello multiculturale.
Sullo sfondo e sul terreno di questioni così cruciali per la società contemporanea, il carattere più rilevante del Master ci sembra quello di tendere a educare e a formare professionisti della mediazione socio-culturale a una nuova cultura del dialogo, che abbia al suo centro l’assioma antropologico richiamato da papa Francesco nella sua intervista alla “Civiltà Cattolica” ( e posto alla base della sua architettura dialogica da Panikkar), e che cioè: ”occorre capire l’altro nel modo in cui l’altro comprende se stesso”. Il che rappresenta come la rivoluzione copernicana all’interno dell’universo dialogico.
Il Master si segnala, inoltre, anche per la temperie socio-culturale in cui viene a porsi, quella cioè che, da una parte, registra, come si diceva, l’eclissi drammatica dovunque in Europa del multiculturalismo, e che dall’altra parte vede con papa Francesco il delinearsi di una nuova e più promettente stagione di dialogo a dimensione planetaria.
Naturalmente, il Master, per la delicatezza e la complessità dei temi che dovrà affrontare, si avvale dell’apporto prezioso di docenti del Suor Orsola, come l’antropologo Marino Niola e lo storico delle religioni Ottavio di Grazia, molto qualificati e versati nelle diverse discipline: antropologia, sociologia, filosofia, diritto, scienze politiche e della formazione e scienze religiose che afferiscono alla dinamica generale del dialogo interculturale e interreligioso.
Le aree tematiche del Master, infatti, comprendono: elementi di storia del dialogo interreligioso e interculturale, tecniche di mediazione e gestione del dialogo, educazione interreligiosa e interculturale, studio delle idee e dei personaggi che più hanno promosso il dialogo religioso e interculturale, orientamento multiculturale, antropologia culturale, pedagogia della differenza.
Segnaliamo, infine, la metodologia scelta per dare forma al Master, dove la dimensione dottrinale e accademica: vale a dire lo studio dei concetti-base del dialogo interculturale e interreligioso, le diverse scuole e i lineamenti di una storia del dialogo interculturale e interreligioso, soprattutto a partire da fine Ottocento (ma senza dimenticare preziosi antesignani come, ad esempio, Raimon Lull),verrà via via intessuta con riferimenti alle “voci esemplari” dei protagonisti storici del dialogo, quali Gandhi, Gadamer, Habermas, Soroush, Panikkar, Dallmayr, I. Quiles, M. Talbi , e, con un taglio più giornalistico e da “laboratorio”, con riferimenti diretti anche ai protagonisti attuali del dialogo interculturale e interreligioso in Italia e nel mondo.
Per concludere, segnaliamo l’importanza anche politica e amministrativa che può rivestire lo studio e la pratica di una cultura del dialogo tra etnie, religioni e culture differenti in un Paese come l’Italia, che a dispetto della sua posizione geopolitica di ponte tra Nord e Sud e tra Est e Ovest del Mediteraneo, rimane ancora impantanata nella miseria tutta “provinciale” di scontri e diatribe tra il nord e il sud della Penisola.

