23 Giugno 2025
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Attraverso fede, partecipazione e volontariato possono rimettere insieme i propri pezzi

Abbiamo bisogno dei nostri giovani, promessa di speranza

L’impegno non è proteggerli dalla realtà, ma aiutarli a scoprirne l’essenza, a costruire un futuro più giusto e umano. Perché, come afferma il Pontefice, “man mano che cresciamo nella nostra unità, scopriamo che quella luce diventa sempre più luminosa”

un rinnovato impegno per i giovani

Francesco Pira

Viviamo in un tempo attraversato da fratture esistenziali, polarizzazioni sociali e precarietà affettive. In questo scenario mutevole e spesso disorientante, i giovani sembrano oscillare tra marginalità e protagonismo, tra disillusione e anelito a un cambiamento possibile. Il loro presente è spesso segnato da «momenti di ansia e isolamento», come ha sottolineato Papa Leone XIV in un videomessaggio inviato all’arcidiocesi di Chicago, città natale del Pontefice.

Le parole del Papa, raccolte e restituite con profondità nell’articolo di Edoardo Giribaldi pubblicato su Vatican News , tracciano un percorso che intreccia la dimensione spirituale con la realtà sociale vissuta dai giovani di oggi. In un’epoca segnata dall’incertezza, il Papa li descrive come «promessa di speranza»,invitandoli a diventare fari di luce e unità. Una chiamata che interpella non solo la Chiesa, ma l’intera società.

 

FRAMMENTI DI LUCE, DIFFICILI DA SCORGERE

Nel suo articolo, Giribaldi riporta l’immagine centrale utilizzata da Leone XIV: i giovani sono «frammenti di luce, difficili da scorgere all’orizzonte», che tuttavia, uniti, possono diventare una «sorgente sempre più luminosa». Il riferimento è chiaro: la condizione giovanile, spesso dispersa e frammentata, acquista significato solo se riconnessa alla collettività, alla comunità.

La scelta di trasmettere questo messaggio in occasione dell’evento di preghiera e musica organizzato al Guaranteed Rate Field, stadio dei Chicago White Sox, non è casuale. Si tratta della squadra del cuore del Papa, che ne ha anche indossato il cappellino durante l’udienza generale dell’11 giugno. Un gesto simbolico che segnala la volontà di incontrare i giovani nel loro mondo, nei luoghi che sentono propri.

Il messaggio del Papa si snoda a partire dalla Santissima Trinità, «il modello dell’amore di Dio per noi», in cui «tre persone in un solo Dio vivono unite nella profondità dell’amore, in comunità». Non è solo un’immagine teologica, ma è un’ispirazione per la vita quotidiana: vivere l’unità, la comunione, anche nelle relazioni sociali e familiari.

In un contesto segnato dalle fratture del post-pandemia, l’appello del Papa è rivolto a chi ha conosciuto il dolore del distacco, la solitudine, le «instabilità familiari, le incertezze globali». Ferite che, come osserva Giribaldi, non sono negate, ma accolte e trasformate in occasione per avvicinarsi a Dio e agli altri.

«Dio vi sta cercando, vi sta chiamando, vi sta invitando a conoscere suo Figlio Gesù Cristo, attraverso le Scritture, forse attraverso un amico o un parente…, un nonno o una nonna, che potrebbe essere una persona di fede. A scoprire quanto è importante per ognuno di noi prestare attenzione alla presenza di Dio nel nostro cuore, a quel desiderio di amore nella nostra vita, per cercare, per cercare veramente, e per trovare i modi in cui possiamo fare qualcosa con la nostra vita per servire gli altri», afferma Leone XIV.

 

LA COMUNITÀ GUARISCE

La dimensione spirituale si intreccia qui con la concretezza delle relazioni affettive, dei rapporti che resistono anche nei momenti più bui. Un’esortazione che si collega direttamente alla responsabilità sociale e alla vocazione al servizio, elementi centrali di una visione integrale della persona.

Nell’articolo di Vatican News, emerge con forza l’idea che la guarigione interiore passa attraverso la comunità. «Scoprire che l’amore di Dio è veramente capace di guarire», significa anche ritrovare senso e forza nel condividere l’esistenza con gli altri. La parrocchia, l’amicizia, la vita vissuta insieme diventano luoghi di rinascita.

Leone XIV non nasconde le difficoltà: parla apertamente di «depressione, tristezza, solitudine». Ma proprio da questi stati d’animo può scaturire un’energia trasformativa, una nuova comprensione della vita. È nella comunità che «la grazia del Signore, l’amore di Dio, può veramente guarirci».

 

IL VALORE DELL’INQUIETUDINE

Il cuore del messaggio si rivolge all’impegno dei giovani nel mondo: «Abbiamo bisogno di voi, vi vogliamo con noi». Un appello universale, non limitato alla sfera ecclesiale, ma rivolto alla società intera. Il Papa invita a farsi portatori di un «messaggio autentico di speranza», promotori di pace e armonia tra i popoli.

Citare sant’Agostino – «Se vogliamo che il mondo sia un posto migliore, dobbiamo iniziare da noi stessi» – rafforza questa prospettiva. È una sfida personale e collettiva che si inserisce nel solco delle grandi battaglie sociali, dai diritti civili alla giustizia climatica, dove i giovani si muovono già come protagonisti.

Uno dei passaggi più significativi riportati nell’articolo è l’invito a non reprimere le inquietudini interiori: «Non dovremmo cercare modi per estinguere il fuoco, per eliminare o addirittura anestetizzarci alle tensioni che sentiamo». In un mondo che tende a medicalizzare ogni disagio, Leone XIV suggerisce di riconoscere l’inquietudine come spazio di dialogo con sé stessi e con Dio.

È in questa apertura, in questo «cuore che non ha posa», che può nascere un’autentica relazione con il divino. La tensione, anziché essere un limite, diventa il luogo di una chiamata, di una possibilità.

L’articolo di Giribaldi culmina con un invito, che è anche un gesto di fiducia: fermarsi, anche solo un momento, «per aprire il cuore a Dio, all’amore di Dio, a quella pace che solo il Signore può donarci». Una proposta controcorrente, che invita alla riflessione in un momento storico che corre senza soste, che consuma i legami e le idee. Il Papa ricorda che «Dio, nella sua generosità, continua a riversare il suo amore su di noi» e ci chiede soltanto di «essere generosi e di condividere con gli altri ciò che ci ha donato». È una visione che unisce spiritualità e responsabilità civile, fede e impegno concreto per il bene comune.

 

IMPARARE A CONOSCERE LA REALTÀ

Dal punto di vista sociologico, la riflessione proposta da Papa Leone XIV si inserisce nel più ampio dibattito sulla costruzione dell’identità giovanile in una società sempre più liquida, per usare l’espressione di Zygmunt Bauman.

In un contesto in cui le strutture tradizionali – famiglia, religione, scuola – hanno perso parte della loro funzione normativa, i giovani si trovano spesso privi di punti di riferimento stabili. Questa «precarietà del senso» non si traduce necessariamente in disimpegno, ma apre spazi per una ricerca più autentica e personale del significato.

Il bisogno di comunità, di unità, di «frammenti di luce» che si uniscono, come sottolinea il Papa, rappresenta una risposta a questa frammentazione esistenziale. In questa direzione, la fede, la partecipazione sociale e il volontariato diventano strumenti attraverso cui i giovani tentano di rimettere insieme i pezzi del proprio sé e di dare forma a un’identità capace di reggere la varietà di stimoli e contraddizioni del mondo moderno.

L’impegno non è proteggerli dalla realtà, ma aiutarli a scoprirne l’essenza, a costruire un futuro più giusto e umano. Perché, come afferma il Pontefice, «man mano che cresciamo nella nostra unità, scopriamo che quella luce diventa sempre più luminosa». Una luce che può guidare non solo i giovani, ma l’intera umanità verso un orizzonte di pace, giustizia e speranza.

 

(La foto di copertina è di Kimson Doan, Unsplash)