Benché si possa dire che la maggior parte dei casi riguarda il passato, tuttavia, col passare del tempo abbiamo conosciuto il dolore di molte delle vittime e constatiamo che le ferite non spariscono mai e ci obbligano a condannare con forza queste atrocità, come pure a concentrare gli sforzi per sradicare questa cultura di morte; le ferite “non vanno mai prescritte”. Il dolore di queste vittime è un lamento che sale al cielo, che tocca l’anima e che per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere. Ma il suo grido è stato più forte di tutte le misure che hanno cercato di farlo tacere o, anche, hanno preteso di ri-solverlo con decisioni che ne hanno accresciuto la gravità cadendo nella complicità. Grido che il Signore ha ascoltato facendoci vedere, ancora una volta, da che parte vuo-le stare».
Così papa Francesco ha scritto nella sua commossa lettera al popolo di Dio del 20 ago-sto scorso. È un atto senza precedenti, come senza precedenti sono le cifre di questa profonda ferita della Chiesa e della società. Una presa di posizione che ha, per così di-re, dato il tono a tutta la nostra estate cristiana, suggerendoci che vera spiritualità non sono le prestazioni e le presunzioni, ma l’umile verità del guazzabuglio che è il nostro cuore che non riesce a diventare perfetto con le proprie forze – e quando ci prova e crede di esserci riuscito diventa perfino diabolico! –, ma che ha sempre bisogno del perdono di Dio.
E così, unendoci al lamento di tutte le vittime che sale verso il cielo – insieme a quello di tutte le persone di buona volontà, come il papa e tanti altri, che stanno prendendo atto che il vangelo è tutt’altro rispetto al clericalismo presuntuoso e mortifero –, pro-prio nel cuore dell’estate, con san Lorenzo e le sue stelle cadenti che ci invitano ad al-zare lo sguardo verso il blu, e soprattutto con Maria che è condotta in cielo dagli ange-li di Dio, possiamo confidare che ci sia ancora uno squarcio attraverso il quale giunge-re, anche noi, al cuore di Dio. E così provare a ripartire, più umili e veri, su strade di autentica umanizzazione e libertà. Sì, come diceva Paolo VI all’amico filosofo Jean Guitton, verrà un tempo – e che non sia troppo in là! – in cui la Chiesa si prenderà fi-nalmente e pienamente cura solo dell’uomo e della sua cultura.
* L’autore, don Alessandro Andreini, è consulente ecclesiastico dell’Ucsi Toscana