1 Febbraio 2020
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Coronavirus: le parole ‘pesano’. E se restiamo credibili possiamo sopravvivere alla crisi del giornalismo

Ogni parola pesa, quando c’è un’emergenza di protezione civile. E la parola dei giornalisti “pesa” anche di più. Perché il fatto che le fonti di informazione si siano moltiplicate e che tutti si rendano visibili al mondo attraverso un semplice click non può essere un alibi, anzi aumenta la nostra responsabilità.

Antonello Riccelli

Ha detto il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna, a proposito del nuovo virus globale che arriva dalla Cina: “Servono equilibrio e responsabilità, è necessaria un’informazione piena e verificata, senza nascondere gli eventuali rischi e le cautele da attuare, ma sono assolutamente da evitare enfatizzazioni e allarmismi”.

I giornalisti “professionali” sono il baluardo finale della verità, almeno quella conosciuta, e possibile, finora. Bastano poche regole, che poi sono sempre le stesse. Prudenza e verifica accurata, in tutti i casi. Ma soprattutto quando si affrontano temi che investono la salute pubblica e che possono influenzare e persino condizionare i comportamenti di tutti noi.

Perché, se restiamo credibili, una speranza di ‘sopravvivere’ in questa nostra professione ce l’abbiamo ancora.