Chiara Genisio (2024)
Sono giornali che narrano una comunità, un’area ben definita del nostro Paese, con storie eccezionali e scandali. Il bello e il brutto dell’Italia che si sviluppa attraverso tanti campanili. Molti di questi fatti non arrivano mai alla ribalta nazionale. Sono le voci locali, i nostri giornali le raccontano. Un giornale, cartaceo e digitale, ha alle spalle tanto lavoro e diverse professionalità. Abbiamo sperimentato quanto sia facile “tagliare” posti di lavoro e quanto sia poi molto più difficile ricostruire. Per questo siamo impegnati per una giusta retribuzione attraverso un contratto che offra dignità ai giornalisti e sia sostenibile per le nostre aziende editoriali.
FORMAZIONE, TUTELA E TESTIMONIANZA
Molte delle nostre testate, in particolare al Nord, hanno una storia ultra-centenaria, altre sono nate di recente, ma per tutte il forte radicamento nel territorio è il grande punto di forza. Nella testata abbiamo già il nostro DNA, ciò che ci contraddistingue, e il nostro lettore conosce il ‘“iltro” con cui raccontiamo i fatti, le storie, analizziamo i contesti, diamo voce a chi voce non ne ha.
Perché i giornali diocesani, come ha rimarcato papa Francesco, si inseriscono in quella comunicazione che mette in comune, tesse trame di comunione, crea ponti senza alzare muri. E seguono il suo invito a “non perdere di vista, nel contesto delle grandi autostrade comunicative di oggi, sempre più veloci e intasate, tre sentieri, che è bene non perdere di vista e che vanno sempre percorsi: formazione, tutela e testimonianza”.
Tre elementi che già i padri fondatori dei primi settimanali diocesani in Italia avevano scelto come linea editoriale, in un contesto spesso avverso ai valori cristiani e con un tasso di analfabetismo altissimo. Eppure, hanno scommesso sui giornali e il fatto che ancora oggi quei fogli, nati nell’Ottocento, continuino ad essere punti di riferimento per la loro comunità, testimonia la validità della loro intuizione. Sono stati degli antesignani di quello che oggi chiamiamo “giornalismo costruttivo”: non solo contesto e denuncia, quindi, ma anche possibili soluzioni. Dando vita ad un giornalismo di comunità o prossimità in cui il lettore ritrova il suo contesto. Un lettore partecipe che interloquisce con i giornalisti e il giornale.
IL RADICAMENTO
Dopo il fascismo, cioè dopo aver attraversato con più o meno sudditanza il regime, nella seconda metà degli anni’40 si sviluppa una sorta di nuova primavera per i fogli diocesani, in particolare in Piemonte, grazie a figure davvero importanti da Carlo Chiavazza o Franco Peradotto, a Giuseppe Cacciami e Oscar Lacchio, non per nulla tra coloro che diedero vita alla FISC. Questa stagione ha visto i fogli localmente radicarsi in misura capillare, riempiendo spazi che nelle periferie territoriali non erano coperti in modo intenso dai quotidiani o da altri media.
Le Chiese locali, spesso grazie all’intraprendenza di personaggi carismatici o pionieristici, e sempre
appassionati, si sono fatte presenti con le proprie testate allestite con varia caratura, ma pressoché sempre connotate da un legame settimanale con un territorio e la sua gente, al di là delle appartenenze ma senza smarrire il proprio Dna nella visione della realtà. Oggi questo identikit, che si riveste di specifica mission resiste, anzi regge nel confronto con altri fogli locali e con altri media anche di cadenza quotidiana. Perché va riconosciuto che l’essere in mezzo alla gente, dando attenzione a ciò che capita dietro l’angolo, sotto il profilo mediatico è ancora
vincente.
A livello nazionale i giornali diocesani parlano sempre di più al femminile. Negli ultimi anni è cresciuto il numero di colleghe direttrici e con ruoli di responsabilità colmando quella discriminazione che offriva spazi coniugati soprattutto al maschile.
LA NOSTRA RESPONSABILITÀ
La nostra missione è quella di informare correttamente, di offrire a tutti una versione dei fatti il più possibile aderente alla realtà. Il nostro obiettivo è quello di rendere accessibili a un vasto pubblico problematiche complesse, in modo da operare una mediazione tra le conoscenze a disposizione degli specialisti e la concreta possibilità di una loro ampia divulgazione. Sempre
con uno sguardo attento a ciò che accade intorno a noi.
Il nostro è un giornalismo strettamente connesso alle dinamiche locali, alle problematiche che nascono dal lavoro delle varie categorie, agli interessi e alle sensibilità delle realtà intermedie,
che non trovano facilmente canali per potersi adeguatamente esprimere diversamente. Siamo un autentico antidoto alle fakenews.
Ci sono borghi e paesi in cui siamo l’unica voce che li racconta con continuità, anche per poche persone. Siamo consapevoli che il giornalismo non si misura solo con il tornaconto economico, ma crediamo nella sua missione culturale e di coscienza civica.
Siamo impegnati in prima linea davanti all’urgente bisogno di garantire notizie comunicate con serenità, precisione e completezza, con un linguaggio pacato, in modo da favorire una proficua riflessione.
Sentiamo la responsabilità di essere presidio di un autentico pluralismo e di dare voce alla ricchezza delle diverse comunità locali e dei nostri territori.
Viviamo la responsabilità di essere giornali etici, attenti al lavoro, rispettosi dell’ambiente.
Una bella panoramica di ciò che siamo, da Nord a Sud, giornali della Chiesa e della gente, testate locali con uno sguardo globale sul mondo e sull’uomo è stata offerta lungo tutto l’anno da Tv2000 con la trasmissione “In cammino”: ne è emersa una realtà dinamica, articolata, in cui scoprire e riscoprire il nostro Paese, come anche uno stile di vivere il mestiere di giornalista come missione, come scelta di vita, cercando costantemente la verità e il bene dell’essere umano, mai alla ricerca
di un click in più, seppure orientati a cercare un pubblico sempre più ampio. Costruttori di reti al nostro interno, tra giornali come comunità civile.
UNA CHIESA IN USCITA
Attraverso il proprio lavoro i giornali diocesani sono una realtà viva e concreta della Chiesa in uscita, sono soggetti attivi di cittadinanza impegnati a contrastare un clima che vede la metà della popolazione scegliere di non votare.
La cura del linguaggio e delle parole fa parte dello stile con cui si lavora nelle testate, perché la pace, la giustizia, la solidarietà passano anche attraverso un corretto uso delle parole, che con i media possono alimentare l’odio e la contrapposizione anziché costruire ponti e relazioni e in questo tempo di guerra questa è una responsabilità ancora più forte.
Abbiamo affrontato i tanti cambiamenti che la società ha attraversato, siamo nati come settimanali, ma ormai la maggior parte con il digitale si sta trasformando in settimanali
che pubblicano quotidianamente sul web. Un grande mutamento che con l’evolversi vertiginoso dell’IA ci vede impegnati in prima linea.
La Chiesa inizia ad occuparsi seriamente della comunicazione solo a partire dal Concilio Vaticano II con l’Inter Mirifica, ma a livello locale già molti anni prima le diocesi avevano avvertito la necessità, anzi l’urgenza, di avere uno strumento per informare dando vita ai primi giornali diocesani. Ora è propria la Chiesa ad essere all’avanguardia ponendo l’etica al centro del dibattito sull’intelligenza artificiale e le testate diocesane sono in prima linea su questo fronte, guardando al passato per comprendere l’oggi e proiettarsi nel futuro.
L’autrice, CHIARA GENISIO, è vicepresidente della Fisc