28 Giugno 2012
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DECRETO EDITORIA: PELUFFO, AZIONE DURA, MA NECESSARIA. SIDDI,REGOLE BUONE, MA NON FUNZIONANO SENZA MATERIA PRIMA. INTERESSATE 260 TESTATE DI CUI 11 POLITICHE E 137 GIORNALI DIOCESANI

giornali88482.jpg_370468210L’effetto del decreto editoria che rivede i criteri per l’assegnazione dei contributi pubblici alla stampa prevalentemente di partito e alle coooperative imposta una ”azione molto dura” soprattutto nel passaggio dal criterio delle copie vendute ripetto a quello delle copie distribuite, ma necessaria in quanto le precedenti norme ”esse stesse” inducevano comportamenti antieconomici da parte delle aziende interessate. Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Peluffo intervenendo in Aula a conclusione della discussione generale sul dl editoria.
Peluffo ha poi ricordato quali sono i giornali interessati e toccati dalle nuove norme approvate oggi in prima lettura dal Senato: ”Stiamo parlando di 260 giornali, quotidiani e periodici, che vivono grazie al contributo diretto, di cui le testate politiche o affini sono 11; di 137 giornali diocesani, piccolissimi, che vivono grazie al contributo e che hanno un’importanza veramente fondamentale a livello territoriale; di un centinaio di giornali riferiti a cooperative (in questo ambito abbiamo avuto casi molto buoni e casi molto negativi)”.
”Stando ai dati del 2011, questi giornali fatturano complessivamente 290 milioni di euro – ha poi aggiunto -. Nel 2011 sono stati operati tagli per un importo pari al 15 per cento del totale, operando per la prima volta il riparto sulla base delle risorse date. Quindi il contributo pubblico e’ stato di 145 milioni di euro, pari al 50 per cento del fatturato di queste imprese. Quest’anno lo Stato aveva previsto nel bilancio 47 milioni di euro, il che avrebbe significato un taglio del 76 per cento rispetto all’anno precedente, a bilanci delle imprese chiusi ed operando quindi in chiave retroattiva, in una situazione in cui tutte queste imprese, che hanno bisogno del credito bancario, si erano esposte con le banche. Mi sono pertanto fatto carico di rappresentare che, per poter fare un taglio, una moralizzazione ed una semplificazione drastica, bisognava evitare una sforbiciata cosi’ larga, con un taglio fatto retroattivamente”.
”Il governo ha corrisposto elevando il fondo, solo per quest’anno, a 120 milioni di euro – ha proseguito Peluffo -.
Per i prossimi due anni le risorse sono date, e sono pari a 56 e a 64 milioni di euro. Dopo quel periodo, il cosiddetto decreto salva Italia prevede la cessazione del contributo diretto”.
”L’azione e’ stata molto dura in termini di selettivita’ industriale – ha rimaracto il sottosegretario -. Esaminiamo per esempio il passaggio dalle copie distribuite o stampate alle copie vendute. In tal caso si opera un qualcosa di estremamente forte. Prima bastava essenzialmente stampare per avere un contributo a copia, e cio’ voleva dire che le imprese adottavano comportamenti irrazionali anche dal loro punto di vista, perche’ stampavano molte piu’ copie di quelle che servivano loro e che esse stesse erano in grado di distribuire, sostenendo costi di cui non avevano necessita’, al fine di massimizzare l’entrata da parte del contributo pubblico. Erano pertanto le norme stesse ad indurre a un comportamento inappropriato da parte delle aziende”.
Peluffo si e’ poi soffermato sui dati salienti del decreto. Oltre alla focalizzazione sulle vendite rispetto alla distribuzione, ”con il deceto si parla solo di giornali veri – puntualizza – il che vuol dire con giornalisti occupati, perche’ non esistono giornali senza giornalisti”, si e’ poi creata ”una soglia minima e una riduzione drastica delle tipologie di spesa rimborsabili dallo Stato”. Terzo elemento ”e’ rappresentato dalla spinta fortissima verso il digitale”.
Il sottosegretario ha quindi concluso ricordando come a questo decreto legge seguira’ il ddl delega, che ”e’ una necessita’ d’urgenza, perche’ se noi non andiamo a immaginare un nuovo sistema di sostegno all’editoria entro quest’anno, dal 2014 non dsaremo piu’ i contributi diretti a nessuno, e quindi da queste risorse, che sono scarse, passeremo a zero”.
Dal canto suo il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, ha affermato in una nota che:” ”L’approvazione del decreto editoria, che introduce nella legislazione criteri di massima trasparenza e attenzione ai giornali veri e al lavoro giornalistico per la definizione del finanziamento pubblico alla stampa, e’ un’occasione che non puo’ essere sprecata solo se la si legge per il verso giusto: adesso non ci sono piu’ scuse per giustificare l’impoverimento dei fondi per l’editoria ma ci sono solo motivi per deliberarli nella misura giusta, per tempo, evitando che le regole restino scritte sulle lapidi”.
”norme buone, pero’, possono non funzionare se manca la materia prima per le quali debbono essere applicate. E non vi e’ dubbio che i soli 63 milioni di euro previsti a favore dei giornali in cooperativa, politici, di idee, delle minoranze linguistiche e delle comunita’ italiane all’estero, per l’attivita’ dell’anno in corso (ma erogabili a fine 2013), siano talmente insufficienti da lasciare parecchi morti per strada. Regole e leggi debbono servire per i vivi”.
”Il decreto votato oggi dal Senato -secondo la Fnsi- e’ un indubbio passo avanti, che sviluppa un percorso gia’ aperto con il nuovo regolamento e che deve essere considerato base per una riforma complessiva che rimane indispensabile per il settore, come peraltro riconosciuto dallo stesso Governo quando, in contemporanea con l’emanazione del decreto, sempre su proposta del Sottosegretario all’Editoria, Paolo Peluffo, ha pure proposto all’esame del Parlamento un disegno di legge specifico”.
”Le regole approvate oggi dal Senato e che, presumibilmente, diventeranno definitive con il voto della Camera entro il 20 luglio, sono senz’altro interessanti per la selettivita’ dei criteri di accesso ai contributi per il valore dato all’occupazione professionale (con tetti fino a 2,5 milioni per testata su questo capitolo di spesa), per la valutazione delle copie vendute e per l’integrazione carta-online, fermo restando l’obbligo dell’organizzazione redazionale e dell’occupazione contrattualizzata. Su questi punti -osserva la Fnsi-, peraltro, sono positivi gli emendamenti introdotti per iniziativa di alcuni Senatori (capofila Vincenzo Vita), mentre non del tutto convincenti appaiono altre norme come quelle dei limiti di diffusione per definire nazionale una testata (appena tre regioni)”.
”Sugli effetti pratici -conclude la nota- occorrera’ valutare, cammin facendo, i risultati reali per le testate delle minoranze linguistiche e delle comunita’ italiane all’estero per le quali forse serviranno norme di specificazione”. (ASCA)