
“Il documento – scrive infatti Soro – prevede la legittimazione di chiunque a conoscere i casi nei quali altri abbiano ottenuto la deindicizzazione di propri dati personali. (…) Si dovrebbe quindi, evidentemente, pubblicare un elenco dei soggetti che abbiano esercitato questa prerogativa”. Il rischio, secondo il Garante, è che in questo modo si ottenga l’effetto opposto a quanto auspicato: invece di risanare reputazioni ferite, creare una ’lista nera’ di persone che hanno chiesto la rimozione e quindi – si presume – hanno qualcosa da nascondere.
Ancora più forte e articolato, l’attacco del direttore di Wired Italia, Massimo Russo, anch’egli membro, peraltro, della commissione che ha steso il testo. A Russo non sono andate giù alcune parti del testo finale, la cui inclusione egli attribuisce – come scrive sul sito di Wired – a “voci tecnicamente reazionarie” presenti all’interno del comitato. Sotto tiro, anche in questo caso, il diritto all’oblìo, ma per ragioni diverse da quelle del Garante.
Se quest’ultimo vorrebbe rafforzarlo, per Russo, “così formulato rischia di affondare la sharing economy, basata sulla condivisione online delle reputazioni degli utenti”. Critiche anche alle parti riguardanti il “diritto all’educazione” digitale, la privacy, e il ruolo delle aziende su Internet.
Fin qui si tratta comunque di critiche ad aspetti specifici della Dichiarazione, che non ne contestano la validità complessiva. Altra cosa è l’attacco frontale sferrato, dalle pagine di Key4Biz, dall’ex commissario Agcom Stefano Mannoni, professore di diritto all’Università di Firenze. Mannoni carica a testa bassa, parlando di “una stentorea quanto intransigente rivendicazione di diritti che solleticherà per qualche tempo la vanità degli autori, senza esercitare la minima incidenza sulla riforma single market in Europa, la quale si svolge all’insegna della tecnica e non della retorica”.
Anche per Carlo Lottieri de “Il Giornale”, è tutto da buttare. In un commento intitolato “A Internet non serve una Costituzione ” il giornalista inquadra il documento con un prodotto di un “socialismo politicamente corretto” colpevole, scrive, di ridurre gli spazi di libertà invece di aumentarli. Addirittura, nell’impostazione universalistica ed egualitaria della bozza, egli vede, con un salto logico quantomeno ardito, una possibile minaccia alla libertà privata.
Diventa a questo punto particolarmente importante la consultazione pubblica con cui i cittadini saranno chiamati a dire la loro. Contribuire a plasmare la forma di Internet, vuol dire oggi poter contribuire a plasmare il proprio futuro. Almeno su questo, si dovrebbe essere tutti d’accordo. (LASTAMPA)