19 Ottobre 2014
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DICHIARAZIONE PER I DIRITTI DI INTERNET: ACCOGLIENZA FAVOREVOLE, MA ANCHE CRITICHE

jjjLa bozza della Dichiarazione per i Diritti di Internet partorita nei giorni scorsi dalla commissione parlamentare guidata da Stefano Rodotà, in attesa dell’inizio della consultazione pubblica, fissato per il 27 novembre, ha ricevuto nel complesso un’accoglienza favorevole da parte degli addetti ai lavori.  Non sono mancate però anche le voci critiche, come del resto era anche lecito aspettarsi che fosse dato che il documento, pur nella sua – voluta – genericità, va a toccare argomenti di fondamentale importanza per il futuro non solo di Internet, ma dell’intera comunità di cittadini.  Il funzionamento della Rete è ormai talmente intrecciato a quello delle istituzioni, delle aziende e alla vita dei singoli, che formulazioni anche solo lievemente differenti di concetti come il diritto all’oblio, la neutralità della rete, la tutela dei dati personali, potrebbero avere effetti pratici molto diversi.  A schierarsi apertamente contro alcuni degli articoli contenuti nella bozza, è stato lo stesso Garante per la Privacy, Antonello Soro, il quale, in un intervento all’Huffington Post, pur mostrando apprezzamento per le parti della Carta che mirano a impedire utilizzi discriminatori e repressivi dei dati raccolti in rete, ha invece criticato l’articolo dedicato al diritto all’oblìo. 
 
“Il documento – scrive infatti Soro – prevede la legittimazione di chiunque a conoscere i casi nei quali altri abbiano ottenuto la deindicizzazione di propri dati personali. (…) Si dovrebbe quindi, evidentemente, pubblicare un elenco dei soggetti che abbiano esercitato questa prerogativa”. Il rischio, secondo il Garante, è che in questo modo si ottenga l’effetto opposto a quanto auspicato: invece di risanare reputazioni ferite, creare una ’lista nera’ di persone che hanno chiesto la rimozione e quindi – si presume – hanno qualcosa da nascondere.
Ancora più forte e articolato, l’attacco del direttore di Wired Italia, Massimo Russo, anch’egli membro, peraltro, della commissione che ha steso il testo. A Russo non sono andate giù alcune parti del testo finale, la cui inclusione egli attribuisce – come scrive sul sito di Wired – a “voci tecnicamente reazionarie” presenti all’interno del comitato. Sotto tiro, anche in questo caso, il diritto all’oblìo, ma per ragioni diverse da quelle del Garante. 
Se quest’ultimo vorrebbe rafforzarlo, per Russo, “così formulato rischia di affondare la sharing economy, basata sulla condivisione online delle reputazioni degli utenti”. Critiche anche alle parti riguardanti il “diritto all’educazione” digitale, la privacy, e il ruolo delle aziende su Internet. 
Fin qui si tratta comunque di critiche ad aspetti specifici della Dichiarazione, che non ne contestano la validità complessiva. Altra cosa è l’attacco frontale sferrato, dalle pagine di Key4Biz, dall’ex commissario Agcom Stefano Mannoni, professore di diritto all’Università di Firenze. Mannoni carica a testa bassa, parlando di “una stentorea quanto intransigente rivendicazione di diritti che solleticherà per qualche tempo la vanità degli autori, senza esercitare la minima incidenza sulla riforma single market in Europa, la quale si svolge all’insegna della tecnica e non della retorica”.
Anche per Carlo Lottieri de “Il Giornale”, è tutto da buttare. In un commento intitolato “A Internet non serve una Costituzione ” il giornalista inquadra il documento con un prodotto di un “socialismo politicamente corretto” colpevole, scrive, di ridurre gli spazi di libertà invece di aumentarli. Addirittura, nell’impostazione universalistica ed egualitaria della bozza, egli vede, con un salto logico quantomeno ardito, una possibile minaccia alla libertà privata. 
Diventa a questo punto particolarmente importante la consultazione pubblica con cui i cittadini saranno chiamati a dire la loro. Contribuire a plasmare la forma di Internet, vuol dire oggi poter contribuire a plasmare il proprio futuro. Almeno su questo, si dovrebbe essere tutti d’accordo. (LASTAMPA)