Ed è come se la liturgia volesse dirci: Cristo è risorto, ora lascia che risorga in te e così l’esperienza della risurrezione potrà davvero raggiungere gli estremi confini della terra, come il Risorto desidera. E benedetto Tommaso per la franchezza e la libertà con la quale manifesta un bisogno che è anche nostro: toccare, abbracciare, incontrare. La questione, infatti, è molto seria: o noi facciamo esperienza del Risorto e la nostra vita risorge veramente con lui, oppure con la nostra tiepidezza non convinceremo nessuno, tanto meno noi stessi!
Ecco, allora, le parole e i gesti pasquali di Gesù: prima di tutto, per tre volte, egli dona la pace. È il cuore di tutto: essere in pace con noi stessi, con gli altri, con Dio. Dire sì alla vita, così com’è. Che non significa né rassegnarsi né arrendersi, ma abbracciare e amare, prendersi cura, accarezzare e proprio così aiutare a cambiare. Si tratta di lasciare che Gesù faccia pace in noi, tra noi e con il Padre, che ci aiuti a dire finalmente il nostro pieno sì alla vita.
Pace che è riconciliazione, perdono, e qui il discorso si fa addirittura rivoluzionario. «A chi non perdonerete i peccati resteranno non rimessi»: non vi è forse detto, qui, che occorre perdonare sempre, perché altrimenti il perdono non si scatena? Non ha il Crocifisso perdonato i suoi crocifissori? Non ha messo al centro della sua Pasqua la forza scatenante del perdono? Che discepoli saremmo se, dopo che il maestro ha davvero perdonato tutti, noi cominciassimo a negare il perdono?
Infine, il gesto commovente dell’ostensione delle stigmate a Tommaso. Gesù si fa toccare, baciare, lavare. E lascia addirittura che Tommaso infili quasi con irriverenza le dita e la mano nelle ferite: pur di accendere in noi la fede e l’amore che spostano le montagne, Gesù non si ferma davanti a nulla. Sì, Dio non ama le mezze misure. Punta a risvegliare totalmente il nostro cuore, a fare di noi persone addirittura ebbre della sobria ebbrezza dello Spirito, ubriache d’amore. Gesù è veramente risorto, è vivo, qui in mezzo a noi. Dopo Pasqua, è più che mai Pasqua, se diventa la mia Pasqua!
L’autore, don Alessandro Andreini, è consulente ecclesiastico dell’Ucsi Toscana