Non è una novità: la Chiesa cattolica sta compiendo passi decisi nel mondo digitale, aprendosi ai linguaggi contemporanei dei social e alle tecnologie emergenti.
Questa evoluzione culminerà nel Giubileo dei Missionari Digitali e degli Influencer Cattolici (leggi), che si terrà a Roma il 28 e 29 luglio 2025. Un evento pensato per celebrare, formare e ispirare coloro che portano il messaggio cristiano nelle piazze virtuali, impegnandosi in un’evangelizzazione moderna e multicanale. Parallelamente, le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale (IA) aprono scenari inediti e complessi, tra sperimentazioni di chatbot spirituali e progetti come “Deus in Machina”, l’ologramma di Gesù che confessa in Svizzera. Ma qual è il confine tra spiritualità autentica e simulazione? E quali implicazioni sociali e culturali emergono da questo incontro tra fede e tecnologia?
L’approccio della Chiesa al digitale non è solo un adattamento comunicativo, ma una vera e propria trasformazione strategica. I missionari digitali e gli influencer cattolici sono oggi protagonisti di una nuova evangelizzazione che sfrutta i social network e le piattaforme online per raggiungere le persone, soprattutto le nuove generazioni. Il Giubileo 2025 è un riconoscimento e una spinta a questo movimento: creator e influencer che si impegnano a diffondere il Vangelo attraverso canali ufficiali e riconosciuti.
In parallelo, l’intelligenza artificiale viene sperimentata per creare strumenti innovativi di accompagnamento spirituale. Chatbot come Text With Jesus (leggi), GitaGPT o QuranGPT dimostrano come la tecnologia possa rispondere a dubbi di fede, offrire supporto teologico e guidare il cammino dei credenti. Queste app, sviluppate da team internazionali, cercano di colmare un vuoto in un mondo dove le giovani generazioni spesso faticano a orientarsi nelle proprie tradizioni religiose, come sottolinea Raihan Khan, creatore di QuranGPT (leggi).
Tuttavia, questi strumenti digitali sollevano questioni cruciali. La privacy è una delle principali preoccupazioni: molti chatbot acquisiscono dati sensibili senza chiarezza sul loro uso o sulla protezione da possibili violazioni. La chiarezza nella gestione di queste informazioni è spesso insufficiente, esponendo gli utenti a rischi invisibili. Inoltre, l’IA può dare l’illusione di comprensione e vicinanza, facendo dimenticare all’utente la natura artificiale dell’interlocutore e potenzialmente alimentando dipendenze emotive e isolamento sociale.
Un esempio emblematico di questa nuova frontiera è l’installazione svizzera “Deus in Machina”, ospitata nella Cappella di San Pietro a Lucerna. Di questa notizia ho parlato nella mia rubrica settimanale “Piraterie”, pubblicata su il quotidiano La Sicilia.
Un ologramma di Gesù, animato da tecnologie di intelligenza artificiale come GPT-4o e Whisper, che può interagire e confessare i fedeli in circa cento lingue diverse.
Ideato dal teologo Marco Schmid e sviluppato da ricercatori dell’Università di Lucerna, questo progetto intende sperimentare il dialogo tra fede e tecnologia senza però sostituire le confessioni tradizionali con un parroco.
L’iniziativa ha scatenato reazioni polarizzate: c’è chi vede in essa un’opportunità per avvicinare la fede alle nuove generazioni, chi invece la considera una possibile minaccia alla profondità spirituale e all’autenticità della confessione. Il pensiero di Sant’Agostino, secondo cui “nella confessione l’uomo esprime la sua umiltà, nella misericordia Dio manifesta la sua grandezza”, rimane un faro imprescindibile. Ma cosa succede quando l’interlocutore diventa un algoritmo? La domanda rimane aperta, sollevando dubbi etici e teologici di grande rilievo.
L’integrazione di tecnologie digitali e intelligenza artificiale nella sfera religiosa è un fenomeno che interroga profondamente la società contemporanea, in particolare dal punto di vista sociologico. Il rapporto tra fede, identità e comunità cambia radicalmente quando le interazioni con la dimensione spirituale si mediano attraverso schermi e codici.
Da un lato, la digitalizzazione permette di superare barriere geografiche e culturali, favorendo una nuova forma di comunità globale che condivide messaggi di speranza e valori cristiani. L’evangelizzazione si fa inclusiva e accessibile, rispondendo ai linguaggi dei giovani e integrandosi nei loro contesti quotidiani.
Il Giubileo 2025 è un simbolo di questo cambiamento, un riconoscimento ufficiale di una missione che si rinnova e si espande.
Dall’altro lato, la delega di momenti intimi e profondi come la confessione a entità artificiali introduce dinamiche inedite di relazione umana e spirituale. L’assenza di empatia reale, la possibile dipendenza da interazioni simulate e la perdita della dimensione comunitaria concreta rischiano di impoverire l’esperienza religiosa. Questo fenomeno evidenzia una tensione tra autenticità e simulazione, un tema centrale nella sociologia della religione.
Inoltre, la questione della privacy e del controllo dei dati sensibili riflette una più ampia problematica sociale legata all’uso delle tecnologie digitali, che impone nuove riflessioni su potere, sicurezza e autonomia personale.
La sfida della Chiesa e della società è dunque duplice: abbracciare con coraggio le opportunità offerte dal digitale e dall’intelligenza artificiale per rinnovare la missione evangelica, senza perdere di vista le implicazioni etiche, spirituali e sociali che queste innovazioni comportano. Il Giubileo dei Missionari Digitali e degli Influencer Cattolici rappresenta una tappa cruciale in questo cammino, un invito a riflettere e a confrontarsi su come la fede possa vivere e crescere nel XXI secolo.
In un mondo in cui la tecnologia trasforma radicalmente il modo di comunicare e di relazionarsi, è fondamentale mantenere viva la consapevolezza dell’importanza insostituibile dell’incontro umano autentico, della comunità reale e della misericordia che solo la fede può offrire nel suo significato più profondo. L’intreccio tra tradizione e innovazione non deve diventare una resa dell’umano all’artificiale, ma un’occasione per riscoprire la luce della speranza e dell’amore in ogni forma che essa possa assumere.
(La foto di copertina è di John su Unsplash)