5 Aprile 2014
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GIORNALISMO E PRIVACY: L’ITER DELLA LEGGE

copertinaSubito dopo l’esplosione di Tangentopoli, quando le notizie sulle indagini  riguardanti politici e manager arrivavano nelle redazioni a ritmo incessante, verificarle, oltre a non essere mai stato definito esplicitamente come un obbligo dei giornalisti, era particolarmente difficile proprio per i ritmi serrati. Fu un’epoca di grandi eccessi, ammessi dalla stessa categoria giornalistica, e di grandi dibattiti nelle redazioni sull’opportunità di pubblicare o meno, in un regime di concorrenza serrata, notizie non accuratamente verificate. Il caso esplose quando il deputato socialista Sergio Moroni e il manager dell’ENI Gabriele Cagliari si suicidarono. A quel punto diversi esponenti del Parlamento, provenienti da tutti gli schieramenti, presentarono alcune proposte di legge per porre un freno alla pubblicazione delle notizie sulle indagini. Il deputato Giuseppe Gargani fu chiamato a scrivere una proposta di legge che riassumesse tutte quelle presentate. Gargani propose di impedire la pubblicazione delle notizie sulle indagini. La tesi di partenza era semplice: un avviso di garanzia, filtrato attraverso i quotidiani e la televisione, faceva apparire l’indagato come di fatto già indubitabilmente colpevole e dunque, secondo Gargani, l’unico rimedio era evitare la pubblicazione tout court.

La proposta di legge incassò la reazione contraria dei giornalisti e di alcuni parlamentari, fino ad arrivare ad un tentativo di mediazione che spostava il limite oltre il quale fosse possibile pubblicare le notizie dalla sentenza alla fine delle indagini preliminari. Persino questa proposta, tuttavia, incontrò perplessità anche in Parlamento. I motivi erano duplici: da un lato i dubbi sulla legittimità di una limitazione allalibertà di stampa, dall’altra la recente approvazione del nuovo Codice di procedura penale, risalente al 1989, che estendeva la possibilità di cronaca sui procedimenti giudiziari.

Alla proposta Gargani Ordine e FNSI risposero a muso duro, chiedendo che nessuna limitazione fosse posta alla libertà di cronaca ma anche che la categoria potesse autogovernarsi. La FNSI, presieduta da Vittorio Roidi, e l’Ordine dei Giornalisti, guidato da Gianni Faustini, promossero alcune iniziative di studio sull’adozione di un codice deontologico. La stesura del documento fu affidata ai giornalistiSandra Bonsanti e Angelo Agostini, che partirono dai codici interni già approvati da Il Sole 24 OREla Repubblica e RAI. Il testo, nella prima stesura, era già pronto nella primavera del 1993, e fu approvato definitivamente dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti l’8 luglio dello stesso anno. A quel punto il Parlamento, anche per effetto della crisi del governo Amato I, sostituito dal governo Ciampi, rinunciò a legiferare in materia.

La Carta dei doveri del giornalista, che nella prima versione era un documento di dodici pagine, è un corpus di regole deontologiche che abbraccia tutti gli aspetti dell’attività giornalistica. (cataldiquotidianogiuridico)