I media e l’etica al centro dell’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di maggio. Ne parliamo oggi, in concomitanza con la Giornata mondiale per la libertà di stampa, “che rappresenta – sottolinea il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon in un messaggio per la ricorrenza – uno dei mezzi più potenti per svelare i misfatti e ripristinare la fiducia nell’opinione pubblica”, quando “i governi reprimono i propri popoli sottraendosi ad ogni controllo.” Roberta Gisotti ha intervistato per Radiovaticana Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana:
D. – Il Papa invita a “pregare per gli operatori dei media perché rispettino sempre la verità, la solidarietà e la dignità della persona”. Verità e rispetto della persona, sono certo valori universali, che travalicano il mondo cattolico e interpellano la deontologia professionale degli operatori dei media. Roberto Natale come si calano questi valori nel vissuto del nostro mestiere?
R. – Verità e responsabilità sono – o dovrebbero essere – le pietre angolari della nostra professione. Certo, indipendentemente dal fatto che si creda o meno, il rispetto della verità sostanziale dei fatti sta scritto – per parlare di noi giornalisti italiani – nella legge costitutiva del nostro Ordine professionale. Oggi, “verità e responsabilità” significa che dobbiamo ricordarci di raccontare la realtà e non le costruzioni che sulla realtà si fanno per distrarre, per farci sentire spettatori-bambini, oppure per considerarci elettori da ammansire e da guidare verso obiettivi di questa o quella parte. “Verità e responsabilità” significa oggi tenere in considerazione l’impatto sempre maggiore che hanno l’informazione e la comunicazione nella vita delle persone. Nei giorni scorsi, abbiamo riletto insieme i messaggi che Giovanni Paolo II aveva scritto per le 26 Giornate mondiali delle comunicazioni sociali. In uno dei primissimi messaggi, Papa Wojtyla scriveva: “Ricordatevi che gli spettatori – parlava dei bambini, ma non solo – sono molle cera”. Ecco, di questa responsabilità dobbiamo ricordarci. E penso al messaggio di Giovanni Paolo II del 1979, più di 30 anni fa, quando ancora nessuno sapeva cosa fosse lo share: Giovanni Paolo II scriveva: “State attenti a non orientare il vostro lavoro alla massima ricerca dell’ascolto”. (RADIOVATICANA)

