Evitare di fornire informazioni false o inesatte è, per i giornalisti, il comportamento più importante perché l’esercizio della professione sia “etico”. Aggiungendo a questo il “non diffamare” e “non discriminare”, oltre alla “verifica dei fatti con accuratezza”, emerge un quadro abbastanza chiaro e completo di quello che gli operatori dell’informazione ritengono essenziale (oltre il 90 per cento) nel loro lavoro. Quanto i comportamenti del giornalismo “etico” siano poi diffusi nelle redazioni è altra storia. Solo un giornalista su tre infatti dichiara che nella propria testata si eviti di diffondere il nome di soggetti protetti (come i minori) o discriminare le persone sulla base di sesso, etnia o religione o, ancora, diffamare e ledere inutilmente l’onorabilità delle persone. Ma meno di uno su quattro dichiara che nel proprio giornale si cerca di non “fornire informazioni false o inesatte” e “si rispettano le leggi riguardanti l’informazione”. La pietra tombale la pone il fatto che solo uno su 10 ritiene di poter “dar conto di tutte le opinioni senza omissioni o censure” e “raccontare tutti i fatti rilevanti” o, infine, poter “tenere distinte le opinioni del giornalista dal racconto dei fatti”. Il panorama fotografato dalla ricerca I giornalisti italiani, l’etica professionale e l’informazione on line, realizzata dall’Istituto Astra Ricerche, commissionata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e presentata prima a Roma poi a Cagliari, rivela il sostanziale scoramento di coloro che, operando nel settore, si trovano quotidianamente a subire e combattere l’impossibilità di svolgere il proprio lavoro con la “schiena dritta”. Se è infatti vero che la stampa libera alberga nello Stato che si voglia definire democratico, è pur vero che l’Italia continua a mantenere vivi parametri più che negativi nelle classifiche internazionali sulla libertà di informazione. E a sentire i risultati della ricerca realizzata in occasione del 50esimo anniversario della nascita dell’Ordine dei giornalisti – per la quale sono stati somministrati 1.681 questionari on line a un campione di giornalisti italiani per il 58% professionisti, per il 35 pubblicisti e per il 7% praticanti -, a parere di gran parte della categoria “in Italia il lavoro giornalistico non è messo nella condizione di rispettare adeguati standard etico-deontologici”. Un quadro a tinte fosche, seppure le statistiche stilate sugli stessi argomenti ma che illustrano l’informazione vista dai cittadini delineano un quadro talvolta meno pessimistico. Il tendenziale catastrofismo dei giornalisti appare comunque “ampiamente giustificato”, ha detto il presidente dell’Istituto Astra ricerche, Enrico Finzi. Fotografare la percezione dell’etica giornalistica è quindi condizione necessaria per capire come nel nostro Paese il modo di fare informazione stia cambiando sotto le sollecitazioni di tweet, post, email e link. Posto che nell’era di tablets, cellulari, smartphone e Internet via pc, il binomio resta un osservato speciale. Come intervenire dunque? Innanzi tutto “formando meglio i futuri giornalisti”, ma anche inducendo a comportamenti più etici attraverso “la sospensione delle sovvenzioni pubbliche” ai giornali in caso di violazioni o semplicemente “applicando le leggi che già ci sono”, dicono gli intervistati. La domanda è: cosa cercano i fruitori di notizie, tra tweet, post, mail e link?. Secondo i giornalisti intervistati la richiesta maggiore è per notizie veloci da leggere (71,7%), comode e facili da trovare, chiare e comprensibili (68,1), sempre aggiornate, utili e concrete. La categoria “notizie vere e verificate” ottiene solo il 44% dei consensi. “Qui però bisogna sottolineare – ha detto Finzi – che invece le opinioni richieste direttamente ai cittadini danno risultati più spostati verso la verifica e veridicità delle notizie”. Come dire che i cittadini sono più esigenti in termini di qualità dell’informazione di quanto i giornalisti siano disposti ad ammettere.E allora: se la stampa quotidiana “risulta vincente per quel che attiene ai commenti autorevoli e qualificati (69%), alla veridicità garantita delle notizie (65%), alla competenza/professionalità dei giornalisti (64%), alla qualità della scrittura (64%), alla serietà/affidabilità (58%) e così via, l’informazione su Internet resta “fortemente leader per la reperibilità in ogni momento (84%), la facilità (83%) e la rapidità di reperimento delle informazioni e dei commenti (83%), il continuo aggiornamento (77%), la facilità di archiviazione (72%), la brevità sintetica (65%), la comodità di fruizione (65%)”. Cosa significa? Secondo il presidente dell’Astra emerge che “i quotidiani non saranno sostituiti dai quotidiani on line ai quali si chiede rapidità, ma produrranno approfondimenti e opinionismo di qualità”. Sul web, stando alla ricerca, l’utilizzo di fonti di informazione è in crescita per quanto riguarda edizioni on line dei quotidiani (come corriere.it e repubblica.it), per il 67,8%, seguiti da siti che trasmettono video-informazione (Youtube), social network, quotidiani on line e siti diversi di volta in volta raggiunti attraverso i motori di ricerca. I blog di giornalisti e i blog di amici e conoscenti sono rispettivamente al penultimo e all’ultimo posto. Di qui a cinque anni il panorama informativo sarà catastrofico perché – anche per effetto della rivoluzione web – molti mezzi e testate tradizionali andranno in crisi o moriranno (73,9%), sempre più redazioni diventeranno multimediali (70.9), si affermeraà una nuova leva di giornalisti competenti su Internet, il giornalismo cambierà e si adatterà a Internet. Non senza costi sociali: secondo il 39,2% degli intervistati aumenterà infatti la disoccupazione. (TISCALI)

