In occasione della 59^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali abbiamo chiesto ai relatori dell’incontro “Dialogo sulle 5 M – Più fonti” (che si è svolto a Roma nella sede dell’Ucsi di via In Lucina lo scorso 17 maggio,ndr) una riflessione sulle eventuali connessioni tra le 5 M (leggi qui il position paper curato da un gruppo di giovani giornalisti e giornaliste UCSI) e i temi del Messaggio per la Giornata, diffuso da Papa Francesco lo scorso 24 gennaio 2025, memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti (qui il testo integrale).
Nei loro contributi, Gianni Maritati (giornalista del Tg1), Giampiero Gramaglia (editorialista), Shukri Said (reporter) eRaffaele Lupoli (giornalista del Constructive Network), ci offrono punti di vista differenti e parimenti arricchenti.
Riaffiora la parola “speranza” tanto cara a Papa Francesco anche a proposito di giornalismo in Maritati e Said, ma anche “ascolto”, “verità”, “luce”. Lupoli parla di relazione umana alla base del rapporto con i fruitori dell’informazione ma anche della necessità di un futuro giusto e sostenibile per la professione. Gramaglia, invece, sprona a utilizzare le 5 M come strumento utile per raggiungere obiettivi condivisi per il giornalismo, senza che però le stesse diventino una “foglia di fico dietro cui nascondere lentezza e mancanza di reattività”.
Di seguito, potete approfondire il punto di vista dei quattro autorevoli colleghi, che ringraziamo per la generosità, in termini di parole e di tempo, nel contribuire a una riflessione utile non solo in questa giornata, ma nella pratica quotidiana della professione.
Il punto di vista di Gianni Maritati
La perdita della speranza è direttamente proporzionale alla “perdita della realtà”. Del senso della realtà e della presenza degli altri. Alla radice di questa terribile “perdita”, che attraversa e sconvolge tragicamente il nostro tempo, si collocano tanti fattori: dalla costante evanescenza delle regole e delle norme allo strapotere dei social e dell’Intelligenza Artificiale. E poi: non si trova lavoro, non si vota, non si fanno figli. Si muore sul lavoro e negli incidenti stradali, per una parola di troppo o un gesto sbagliato o involontario.
Il Magistero di Papa Francesco va controcorrente. Ci esorta a diventare noi giornalisti e operatori dell’informazione “comunicatori di speranza”, sempre e in ogni circostanza. La speranza restituisce un volto alla realtà, materializza quella realtà che noi stessi stiamo perdendo e ci illudiamo di conoscere e perfino di dominare. Per questo sono necessarie più che mai le nuove e rivoluzionarie 5M dell’UCSI insieme alle classiche 5W che da sempre si insegnano ad ogni giornalista in erba. Solo così la comunicazione si riconnette con la realtà e si umanizza: diventa ascolto e ricerca della verità, si fa “compagna di strada” e “risana le ferite”, come ci ricorda Papa Francesco.
Il punto di vista di Giampiero Gramaglia
Le cinque M – cinque ‘più’ – proposte dai giovani dell’UCSI, per adeguare ai tempi e irrobustire le scarne 5 W della notizia secca e le popolari 5 S dell’informazione mainstream, pongono obiettivi totalmente condivisi, ma non devono innescare un’antitesi tra velocità e qualità dell’informazione, perché ci vogliono entrambe per fare buona informazione: una storia completa e corretta, che però arriva tardi, non è buona informazione; così come non lo è una storia che arriva presto, ma monca e inesatta.
La giusta aspirazione a più fonti, più tempo, più linguaggi, più libertà, più integrità, non deve cioè diventare una foglia di fico dietro cui nascondere lentezza e mancanza di reattività. Il giornalista perde, com’è stato detto, il primato della notizia se si accontenta di riceverla, ma non lo perde se va a cercarla e la trova, specie se la trova per primo. E conserva il primato della gerarchizzazione delle notizie se le valuta in base alla notiziabilità e non per condiscendenza o per abitudine.
Il punto di vista di Shukri Said
Viviamo in un tempo segnato da disinformazione, conflitti verbali e comunicazione aggressiva. Vi è il bisogno di riscoprire una comunicazione più umana, capace di responsabilità, verità e speranza. Bisogna impegnarsi a superare la logica del nemico e comunicare con mitezza e rispetto, rispecchiando uno stile ispirato al Vangelo.
Come ha insegnato Papa Francesco nel Messaggio per la LIX Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, la speranza non è un sentimento ingenuo, ma una virtù forte, radicata nella fiducia e capace di trasformare la realtà. Dobbiamo sperimentarla e proiettarla verso gli altri rendendoci testimoni della speranza con il modo di comunicare, cercando il bene anche dove sembra nascosto.
Comunicare significa anche questo: scoprire e raccontare storie di luce, ridare voce agli ultimi, guarire le ferite con parole che uniscono e non dividono.
Per farlo occorre non lasciarsi guidare da reazioni istintive e non cedere al protagonismo. Si deve privilegiare una comunicazione che costruisca ponti, che si prenda cura degli altri e che aiuti tutti noi a scrivere insieme una storia nuova, piena di senso, di dignità e di futuro.
Per realizzare questo progetto, occorrono cinque implementazioni:
- più confronto tra le fonti di informazione;
- più ricerca dell’informazione corretta;
- più inchieste sul posto;
- più accuratezza nelle analisi;
- più pacatezza nel racconto.
Il punto di vista di Raffaele Lupoli
Il giornalismo costruttivo ha molti punti di contatto con il giornalismo delle 5 M. Fare e farsi più domande collocandosi al crocevia della complessità, riferirsi a più fonti e dar conto dei diversi punti di vista per espandere l’analisi dei fatti e dei problemi fino all’individuazione delle possibili soluzioni. Avere più tempo per approfondire e al tempo stesso divulgare correttamente, sperimentando i linguaggi di volta in volta più appropriati. Sono le pratiche necessarie di un’informazione che rifugge dalla polarizzazione, non perde le sfumature e “costruisce” una relazione umana e conversazionale con i propri fruitori.
Alle fondamenta di questo approccio c’è la possibilità di garantire l’indipendenza, innanzitutto economica, a chi svolge questa professione. Da una parte bisogna riconoscere che il peso dei grandi interessi finanziari, ancor prima di quello del potere politico, è il più grande ostacolo a un’informazione davvero libera. Dall’altra c’è bisogno di diffondere la consapevolezza che la buona informazione, quella fondata su una solida etica professionale, non può essere gratuita (e che in verità non lo è nemmeno quella “cattiva”).
Rovesciare le 5W deve dunque portare con sé un rovesciamento del punto di vista, che deve tornare ad essere quello dell’interesse collettivo. Una sfida che si vince solo se il giornalista “storico del presente” diventa anche un po’ faber di un futuro più giusto e sostenibile nel senso pieno della parola.