Il Centro per il pluralismo e la libertà dei media, con il proprio Osservatorio del pluralismo dei media, ha realizzato un nuovo rapporto sulle condizioni dei media e dei giornalisti in Europa. Dove il 30% è freelance, insomma non ha un contrastto stabile (e spesso neppure previdenza e copertura sanitaria).
Emergono così «un peggioramento delle condizioni di lavoro, l’instabilità dei datori di lavoro e un clima politico sempre più ostile», soprattutto considerando il dato che il 30% è freelance..
Preoccupa molto la sicurezza digitale (le minacce on line si moltiplicano), soprattutto per i giornalisti che seguono inchieste scottanti e situazioni di guerra. Più penalizzate sono le donne.
Nell’Europa orientale i giornalisti (al primo livello) guadagnano circa 500 euro al mese, meno della media di altre professioni. Gli stipendi di ingresso sono molto bassi però anche nei Paesi occidentali. La prospettiva dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale (ora utilizzata per il 20% delle attività) farà perdere nuovi posti di lavoro. «Solo nel 2024 si sono persi oltre 2.000 posti di lavoro persi presso le principali emittenti pubbliche in Italia, Francia e Germania».
Tra i diversi Paesi europei, la Grecia è in testa con il punteggio di rischio più alto (74%). Poi ci sono Turchia (71%), Serbia (68%) e Bulgaria 65%).
Moldavia, Albania, Croazia, Francia, Italia e Spagna hanno un indice di rischio intorno al 57%. Danimarca (10%), Lussemburgo (15%), Estonia (15%), Finlandia (29%) e Irlanda (30%) sono i Paesi a più basso rischio.
Le querele temerarie costituiscono una minaccia vera alla libertà di stampa e ancora nessun Paese ha fatto leggi anti-SLAPP.
In molti casi le emittenti pubbliche non hanno sufficiente indipendenza politica. Si citano i casi di Turchia, Ungheria, Malta, Slovacchia, Bosnia-Erzegovina, Italia, Croazia, Grecia, Serbia, Romania e Polonia. L’European Media Freedom Act (che entra in vigore l’8 agosto) dovrebbe portare ad un cambiamento.