19 Febbraio 2012
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INFORMAZIONE:GIORNALISTI PRECARI,MILLE EURO AL MESE? UN SOGNO.SONO PIU’ DI DUEMILA QUELLI CHE LAVORANO A ROMA. I RISULTATI DEL PRIMO AUTOCENSIMENTO REALIZZATO DAL COORDINAMENTO DEI PRECARI ROMANI

Errori_di_stampa_foto“Trentun’anni e nessuna certezza lavorativa, pagato qualche centesimo a riga quando non ‘a ora’ per i pezzi che scrivo. Eppure rifarei tutto per il semplice motivo che non so fare altro e questa è la mia passione”. “Alla fine di uno dei periodi di tirocinio – prosegue il giovane – mi venne proposta l’assunzione. Una promessa divenuta un miraggio grazie allo stato di crisi aperto dall’azienda poche settimane più tardi. Una stretta di mano e tanti complimenti. Attualmente vengo pagato ad articolo – direi meglio: a cottimo – da tutti i datori di lavoro tra i quali mi divido. E ogni giorno torna la domanda: a cosa è servita la famosa ‘gavetta’ di cui sopra, costata alle tasche dei miei genitori, il più diffuso ammortizzatore sociale d’Italia, ben 10 mila euro in due anni? A nulla”. È una delle testimonianze di eterna gavetta a cottimo. C’è anche chi è stato licenziato all’improvviso, a 41 anni, dopo otto passati nella stessa agenzia di stampa. “Il licenziamento scattò un mese dopo la comunicazione, come previsto dal meticoloso contratto. Da quel 5 agosto tra collaborazioni varie (5 euro netti a pezzo) e un ufficio stampa sono riuscito a portare a casa 1.500 euro: 250 euro al mese. Oggi però a mancarmi non sono né i soldi né il tanto vituperato posto fisso, ma la dignità e la speranza in un futuro che, arrivato a 41 anni, restringe inevitabilmente i suoi orizzonti”. Ora al suo posto, e al posto di altri tre colleghi cui è stato riservato lo stesso trattamento, lavorano tre stagisti pagati a lancio.
È questa la realtà di moltissimi giornalisti romani, secondo ciò che emerge dal primo “autocensimento” sul precariato nel settore dell’informazione, realizzato dal Coordinamento dei giornalisti precari di Roma, Errori di Stampa. Sono più di duemila i giornalisti precari che lavorano a Roma, impegnati in tutte le testate, dalla carta stampata alla tv, dalle agenzie di stampa alla radio. Si tratta di professionisti, pubblicisti o non iscritti all’Ordine, costretti spesso a collezionare tre o quattro collaborazioni con testate diverse per arrivare a uno stipendio appena dignitoso. Il coordinamento Errori di stampa ha così deciso di realizzare per la prima volta un autocensimento che raccogliesse i reali numeri del precariato giornalistico capitolino, i veri tariffari applicati dagli editori e le storie di coloro che hanno subito sulla propria pelle le conseguenze di questo sistema, iniquo e senza regole.
Per mettere insieme dati il più possibile attendibili, è stato chiesto l’aiuto dei comitati di redazione delle testate, locali e nazionali, attive su Roma, in base a un elenco pubblicato sul sito dell’Associazione Stampa Romana. Hanno risposto in pochi, spesso “timidamente”. Per questo i promotori dell’iniziativa hanno deciso di servirsi del “fai da te”, attivando una rete informale di colleghi, contrattualizzati e non, che hanno dato una mano a tirare fuori, se non un documento scientifico, una fotografia realistica della realtà romana al dicembre del 2011.
LA GIUNGLA DEI CONTRATTI ATIPICI. I principali quotidiani si avvalgono di un numero di collaboratori a due o tre cifre. Lo stesso vale per radio, agenzie di stampa e tv. Ma qui l’anomalia vera è costituita dalla moltitudine di contratti atipici: cococo, cocopro, stage gratuiti, lavoro nero, borderò, partite Iva, Frt, cessione dei diritti d’autore, contributi di solidarietà, tempo determinato, indeterminato con facilità di licenziamento senza tutele né indennità e con un preavviso di appena 30 giorni. Per non parlare degli assurdi inquadramenti per “risparmiare” sul costo del lavoratore: consulenti, autori, programmisti, assistenti, segretari e addetti alla redazione. Nel conteggio dei precari del giornalismo romano, agli oltre 800 precari della carta stampata che emergono dal censimento, sono stati aggiunti i precari delle tv e soprattutto di Sky e della Rai, oltre a quelli degli uffici stampa politici attivi nella capitale. Dalla stima finale, i giornalisti precari romani arrivano almeno a 2000 unità.
I TARIFFARI DELLA VERGOGNA. In questa giungla si muovono i cosiddetti “freelance”: autonomi non per vocazione e per scelta, ma per necessità e mancanza di alternative, costretti a vendere il proprio lavoro “al pezzo” o “al servizio”. E i compensi per le prestazioni offerte si commentano da soli. A seconda dell’azienda variano dai 5 ai 120 euro lordi a pezzo, con una media che si aggira intorno ai 30 euro. Senza calcolare i costi che la realizzazione “self-made” di un articolo comporta: telefono, connessione, attrezzatura (ad esempio videocamera). Esistono poi i fissi forfait, “concessi” ai collaboratori assidui, che variano dai 300 ai 900 euro lordi, a prescindere dalla mole di lavoro richiesta. Se consideriamo che solitamente è quotidiana o quasi, ci si rende facilmente conto del livello di iniquità dei compensi. Tanti, troppi, sono anche i casi in cui non vengono rispettati i tempi di pagamento, che slittano di giorni, settimane, mesi o addirittura anni. Alcune testate ritengono “normale” che i collaboratori non vengano pagati, o le proposte di assidue prestazioni giornalistiche in cambio della possibilità di diventare pubblicisti.
LA DENUNCIA DI “ERRORI DI STAMPA”. A fronte di questi dati allarmanti il Coordinamento Errori di Stampa chiama a una riflessione tutti i colleghi, gli organi rappresentativi della categoria, il governo: un’informazione affidata a professionisti precarizzati e sottopagati non è un’informazione libera. Il rischio non riguarda solo la vita di migliaia di giovani lavoratori, perché senza un’informazione libera è la stessa democrazia ad essere compromessa. Il Coordinamento chiede due cose. Alla politica che, entro la fine della legislatura, sia approvata una Legge sull’equo compenso del lavoro giornalistico. Al sindacato e all’Ordine dei Giornalisti che, entro la fine dell’anno, sia realizzato un censimento ufficiale dei precari del giornalismo e dei tariffari in uso, azienda per azienda, e che questo censimento diventi lo strumento da cui pianificare urgenti interventi a tutela della dignità professionale e del lavoro dei giornalisti precari. (RASSEGNA.IT)