Il libro è costruito come un viaggio – e da un viaggio non si torna mai uguali a come si è partiti – che parte dall’ascolto nella Sacra Scrittura per poi dipanarsi attraverso gli incontri con persone ed esperienze di vita, attraverso le quali il lettore può scoprire aspetti differenti del tema: dal monaco all’educatore, dal musicista allo psicologo, all’insegnanti di yoga, ai sacerdoti e alle religiose… Ognuno offre il proprio pensiero, ma soprattutto il proprio vissuto. E alla fine – da qui il titolo – propone un “esercizio d’ascolto”, da fare soli o con gli altri. Perché l’ascolto di impara, o si re-impara, con pazienza e dedizione.
Attraverso le persone che la giornalista ha incontrato per costruire il libro, si attraversano situazioni da ascoltare, diversissime tra loro: il silenzio, il dolore, la musica (oggi perfino ascoltare bene la musica è diventato difficile, con auricolari da due soldi e circondati dal rumore…), la lingua dei segni, i boschi, le frontiere e le storie di chi le attraversa, le periferie… Ciò che ci piace, ma anche ciò che non ci piace, che ci inquieta, perfino.
Da parte sua, Pozzar cuce insieme tutte le testimonianze che ha raccolto: ma i suoi interventi non sono solo funzionali a mantenere ed evidenziare il filo conduttore: sono piuttosto meditazioni e intuizioni illuminanti che nascono dalle domande che l’autrice ha posto a se stessa, alla propria vita, alle proprie passioni e alle proprie inquietudini («ha senso scrivere o parlare se nessuno ti ascolta?»).
Alla fine, questo viaggio per imparare ad ascoltare è un viaggio alla ricerca del senso della vita e del nostro rapporto con il mondo, perché «l’ascolto è cucitura tra il “dentro” e il “fuori”. È ciò che mette in connessione percezione interiore ed esteriore della realtà viviamo e incontriamo ogni giorno».