Il silenzio, porta della meditazione, apertura alla conoscenza di sé e punto di contatto con Dio, è come un’arte che ormai sembra dimenticata: in questo mondo complesso, chiassoso, rigurgitante rumore, in cui siamo sempre all’apparenza connessi tanto quanto siamo realmente distanti dagli altri, Dio ci ascolta e ci parla nella misura in cui noi siamo disposti ad ascoltare, ad apprendere, e a pregare: “il primo requisito di una preghiera è il silenzio. Le persone di preghiera sono persone che sanno stare in silenzio” scriveva Madre Teresa di Calcutta; e anche per il Mahatma Gandhi la “preghiera silenziosa” è una “grande” e potente “arma” spirituale. Ma il caos ci distrae, ci distoglie da questo incontro così importante.
La Certosa del Galluzzo, a Firenze, complesso monastico dedicato a S. Lorenzo, fortemente voluto dal banchiere Niccolò Acciaioli nella prima metà del XIV secolo, è il luogo ideale in cui riscoprire la bellezza del raccoglimento interiore, conoscendo e apprezzando la quotidianità dei Certosini, che vivevano proprio in totale silenzio e preghiera: una scelta di vita difficile, complessa, nata e maturata in quel Medioevo troppo spesso ingiustamente disprezzato come “età buia”, ma da cui sono nate le basi della nostra Europa e della nostra identità culturale.
Visitando le meraviglie artistiche della struttura, oggi affidata alla Comunità di S. Leolino, grazie a don Alessandro Andreini (vedi il suo breve video qui), consulente ecclesiastico dell’UCSI in Toscana, tra affreschi e sculture finemente lavorate, l’incontro ha rappresentato un momento per riscoprire l’importanza, per ognuno di noi, di dedicarci “spazi di silenzio”, intesi come momento di approfondimento interiore, in cui elaborare progetti, prendere decisioni e, soprattutto, scegliere con accuratezza le parole giuste, essere consapevoli del peso di ognuna di loro, vero punto nevralgico dell’attività del comunicatore: parole con cui deve far comprendere, deve saper educare, deve poter coinvolgere coloro che leggono o ascoltano, e che abbiano la forza “di denunciare”, e “di illuminare” le coscienze.
È anche la lezione di don Lorenzo Milani, è l’insegnamento della scuola di Barbiana. Il silenzio e la parola “non sono due dimensioni che si oppongono”, ma vanno di pari passo. Averne consapevolezza ci insegna anche a saper ascoltare, a prestare maggior attenzione all’altro e alle sue esigenze, a vivere in pienezza l’incontro con il prossimo