5 Marzo 2023
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La compassione che riabilita l’autorevolezza

Tratto da Desk, disponibile a questo indirizzo.

Enzo Romeo

ENZO ROMEO (2022)

(…) Il tratto distintivo del cristiano è la compassione. Crediamo che sia un atteggiamento da rivalutare anche nel giornalismo. Ora più che mai siamo chiamati, in quanto testimoni e narratori della realtà, a “patire con”. Con la vittima di cui scriviamo in cronaca, con il politico o l’amministratore di cui seguiamo l’attività, perfino con il delinquente o con l’aggressore, come sanno bene i colleghi inviati sul fronte russo-ucraino.

In tal modo il giornalista può riacquistare l’autorevolezza sbiadita. Riscoprendo anche lo strumento delle riviste di approfondimento culturale, che mettono al riparo dal fast-food informativo e consentono uno sguardo più lungo e meditato sui fatti del nostro tempo. È ciò che ci dice l’esperienza di Dialoghi. Per “dialogare” bisogna prendersi il tempo di ascoltare l’altro: non basta macinare news. La facilità con la quale si accede alle notizie fa credere che il giornalismo non sia più una professione. Tutti possiamo essere “giornalisti” con un sito internet, un blog, una chat o anche con un semplice messaggino sui social. Ma come scalare la montagna di notizie che l’iperconnettività ci pone davanti? Come navigare nell’oceano di informazioni che inonda le nostre vite? Il giornalista ha gli strumenti per aiutare gli altri ad arrampicarsi o a seguire la giusta rotta, evitando cadute rovinose e naufragi fatali. Il suo computer è come la fune e la piccozza dell’alpinista, come il radar del marinaio.

Per questo il lavoro giornalistico è nel presente ancora più prezioso e più delicato che in passato, sebbene molti lo considerino ormai inutile e lo deprezzino, facendo in questo il gioco degli editori senza scrupoli, che pagano con cifre da elemosina gli articoli dei collaboratori, specie quelli dei giornali online.

Nell’ultimo anno Papa Francesco ha parlato spesso ai e dei giornalisti. I suoi interventi potrebbero essere utilizzati come traccia di riflessione e di dibattito. Lo scorso Primo maggio, dopo il Regina Coeli, in vista della Giornata Mondiale della Libertà di Stampa che si sarebbe celebrata due giorni dopo, il Pontefice ha reso omaggio “ai giornalisti che pagano di persona per servire questo diritto”. E ha ricordato che l’anno precedente nel mondo sono stati uccisi quarantasette nostri colleghi e altri trecentocinquanta sono finiti in galera. “Un grazie speciale – ha detto Bergoglio – a quanti di loro, con coraggio, ci informano sulle piaghe dell’umanità”. Un altro pubblico ringraziamento lo aveva fatto il 6 marzo, dopo l’Angelus, sempre in piazza San Pietro. Parlando del conflitto in Ucraina, aveva elogiato “le giornaliste e i giornalisti che per garantire l’informazione mettono a rischio la propria vita”. Questo prezioso servizio “ci permette di essere vicini al dramma di quella popolazione e ci permette di valutare la crudeltà di una guerra”.

Il 13 novembre 2021, nel conferire delle onorificenze ai vaticanisti Philip Pullella e Valentina Alazraki, Francesco ha citato tre verbi che secondo lui caratterizzano il buon giornalismo: ascoltare, approfondire e raccontare. Soprattutto ha detto che il giornalismo è una missione, quella “di spiegare il mondo, di renderlo meno oscuro, di far sì che chi vi abita ne abbia meno paura e guardi gli altri con maggiore consapevolezza, e anche con più fiducia”. Quanto basta perché gli operatori della comunicazione siano orgogliosi del proprio lavoro e stimolati a compierlo sempre meglio.