25 Luglio 2024
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Le Olimpiadi, il racconto più autentico dello sport

Lo sport, nell’era postmoderna figlia del capitalismo finanziario e del nichilismo del pensiero filosofico, è diventato un business e, come ogni realtà in cui – ahimè - comanda il denaro, è spesso esasperato, “dopato” e avvelenato da mille interessi che niente hanno a che vedere con le discipline sportive.

Riccardo Clementi

Anche il racconto delle gesta sportive – a partire dal calcio, che di tale circo economico mediatico è il re incontrastato – risente spesso di questa dinamica, dove si tende a spettacolarizzare tutto, a idolatrare i singoli e a polemizzare su qualsiasi circostanza possa portarsi dietro una manciata di effimeri like.

Ovviamente, non è nostra volontà né prassi generalizzare e fare di tutta un’erba un fascio, anche perché esistono molte realtà – in particolare negli sport erroneamente definiti “minori” – che costituiscono eccellenze capaci di coltivare talenti sia dal punto di vista umano che sportivo, ma questo breve incipit ci è utile per inquadrare un trend globale che è innegabile e che è frutto di una cultura dominante, in cui tutto è merce, si tratti di una casa, di un’auto, del proprio corpo o di una prestazione sportiva. E specialmente ci serve per ricordare che, nonostante tutto, c’è ancora un luogo, un’opportunità, un barlume di luce per restituire allo sport – e alle persone che lo praticano, ma anche a quelle che lo amano – l’anima che gli è propria e che ne è la ragion d’essere capace di unire popoli e nazioni.

Questa occasione si chiama Olimpiade. Ideata nel 776 avanti Cristo nell’antica Grecia, già allora aveva la capacità di fermare il tempo, basti pensare che per consentire agli atleti di prendere parte ai giochi olimpici venne istituita la cosiddetta “tregua sacra”, durante la quale ogni conflitto bellico si interrompeva (e quanto ne avremmo bisogno oggi!) per lasciare spazio al potere unificante dello sport, che poteva aiutare anche a stemperare le tensioni e a creare le condizioni per una futura pace.

Fin dal principio, le Olimpiadi si caratterizzarono per la loro capacità narrativa, fortemente evocativa, a partire dalle cerimonie di apertura e di chiusura che conferivano all’evento un’aura quasi sacra. Conclusesi nel 393 d.C. nella loro antica fisionomia, sono rinate in chiave moderna nel 1896 grazie alla ferrea, ispirata ed intuitiva volontà di Pierre de Coubertin: di anni ne erano passati più di 1500 ma il barone francese riannodò praticamente il filo all’attimo in cui questo si era spezzato, attribuendo all’evento sportivo un alto valore pedagogico e, quindi, la responsabilità di educare i giovani, di unire le persone, di promuovere il dialogo, di spingere ogni essere umano a dare il meglio di sé, non per sconfiggere qualcun altro ma per gareggiare contro il proprio limite e contribuire a migliorare la società.

I cinque cerchi olimpici, simbolo del legame tra i Continenti con i colori che al tempo rappresentavano quelli presenti in tutte le bandiere del mondo, e il motto delle Olimpiadi moderne, coniato dallo stesso De Coubertin, “Citius, Altius, Fortius” (a cui nell’ultimo appuntamento post covid di Tokyo 2020/21 si è aggiunto “Communiter”, ovvero Insieme), ne rappresentano la conferma più autentica: alle Olimpiadi, infatti, si presentano uomini e donne dopo quattro anni di allenamenti costanti, di sacrifici silenziosi e di resilienza mentale per provare a battere se stessi, a dire che lo sport è il miglior modo per fare introspezione e andare oltre il limite, quello per cui si pensa che non sia possibile essere migliori di ciò che siamo. Non è così, se lo vogliamo e se ci impegniamo a fondo, anche con la possibilità di fallire e di crescere nella sconfitta, possiamo migliorare noi stessi e indirettamente gli altri, alzando il livello anzitutto umano del contesto. Questo vale nello sport, nella vita, nelle relazioni tra persone e tra Stati, motivo per cui le Olimpiadi sono una grande scuola e un bellissimo messaggio di comunicazione.

E, per una volta, sono uno spettacolo gratuito (quasi, perché alcune pay-tv le manderanno in onda praticamente per intero, ma la Rai trasmetterà comunque 360 ore di diretta con priorità per gli atleti italiani) ed equo, nel senso che ognuna delle 39 discipline in gara (45, se consideriamo le diverse specialità di alcuni sport) ha pari dignità agli occhi e nei cuori delle persone e sul podio delle 3 medaglie.

A Parigi, esattamente cento anni dopo l’ultima volta che l’evento si è svolto nella capitale transalpina, si apre la XXXIII edizione di una manifestazione che da 128 anni, pardon da circa 28 secoli, ci ricorda che, se vogliamo rendere il mondo un posto migliore in cui abitare, dobbiamo tenere viva, far conoscere e raccontare la parte più vera e sana delle cose. Un segno di speranza, ma anche una responsabilità per chi, come noi giornalisti, fa del pensiero e delle parole il proprio strumento di lavoro e il viatico per far incontrare gli uomini e le donne del nostro tempo.

Foto di dan onaca da Pixabay