16 Novembre 2025
Share

L'ultimo giorno della scuola di formazione di Assisi diventa un nuovo inizio per l'associazione, in un 'mosaico di generazioni e di sguardi'

Le parole che guideranno il cammino dell’Ucsi

le parole che ispireranno il cammino dell'Ucsi dopo Assisi

Luca Antonelli

L’ultimo giorno della Scuola di formazione dell’Ucsi ad Assisi — dedicata quest’anno al tema “Giornalisti di speranza” — si è chiuso così: in silenzio. Prima, nella celebrazione eucaristica; in un coro di voci e gratitudine, poi, nella tavola rotonda finale.  Ogni partecipante ha consegnato a tutti una parola, un’immagine, un frammento di sé. Un epilogo che in realtà è stato un inizio: quello di una consapevolezza nuova, di un respiro condiviso, di un mestiere che ancora può essere servizio, ascolto, frontiera, stupore.

Ad Assisi la ‘casa del giornalismo’

«La liturgia è la fonte di tutte le nostre attività» — è stato ricordato durante la celebrazione nella Cappella della Pro Civitate Christiana. E’ luogo “speciale”, carico di storia e di spirito. Proprio qui la giornata ha preso forma, richiamando il senso profondo del lavoro giornalistico: leggere i segni dei tempi, soprattutto in un passaggio storico che — come aveva detto Papa Francesco — non è un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca.

Assisi, con la sua Cittadella, è stata ancora una volta cornice e compagna: casa di grandi nomi del giornalismo d’ispirazione cristiana, laboratorio di linguaggi, antenato e futuro insieme. «Far vedere gli invisibili» è stato definito uno dei compiti essenziali della stampa cattolica: dare voce a chi non ne ha, non solo dove la guerra occupa i titoli, ma in quelle zone dimenticate del mondo che altri non guardano più.

La tavola rotonda conclusiva è stata un mosaico di generazioni e sguardi. Il presidente Ucsi Vincenzo Varagona, ha passato la parola per i saluti a Vania De Luca, vaticanista Rai Tg3, che ha scelto di essere presente “perché vado dove mi porta il cuore”, alla vigilia di un viaggio internazionale del Papa. La sua parola è stata consolazione: vedere che idee nate anni fa, a volte rimaste sospese, qui trovano frutto. «Andiamo avanti insieme e con armonia. Anche quando ci si fa un po’ di lato, non si è fuori: si è sempre dentro», ha ricordato con forza.

Le parole che ispirano il cammino dell’Ucsi

Dai giovani presenti sono arrivate parole che profumano di cammino:

Frontiera, come l’ha definita una partecipante ricordando le fatiche delle piccole emittenti, la necessità di sostenersi a vicenda, di essere solidi dentro per poter essere luce fuori.

Speranza, parola scelta da chi, proprio il giorno del suo ventinovesimo compleanno, ha confidato il peso delle attese e la gioia di sentirsi parte di una comunità che incoraggia.

Novità, per chi al giornalismo si sta avvicinando da pochissimo: un mondo scoperto quasi per caso, ma nel quale ha già riconosciuto un valore fondamentale — la verità, che non è mai una soltanto, ma una pluralità di storie da accogliere con etica e rispetto.

Una giovane giornalista e fumettista ha portato un contributo prezioso: il potere del fumetto come linguaggio giornalistico. Ha mostrato il tesserino del nonno giornalista, custodito dentro il suo: un’eredità di carta che diventa bussola.

Un’altra giovane partecipante ha invece parlato di varietà: varietà degli strumenti, dei linguaggi, delle forme del giornalismo. Ha osservato i compagni, chi disegnava, chi scriveva, chi risolveva emergenze sul lavoro, e ha compreso che «ci sono infiniti modi di raccontare». Una vera rivelazione: il giornalismo non ha un solo vestito.

Fare insieme un altro pezzo di strada

“L’Ucsi è una grande famiglia: ognuno fa un pezzo di strada, ha ricordato un altro giovane giornalista intervenuto. E ad Assisi ogni pezzo ha trovato il suo posto. Giornalisti di speranza: non uno slogan, ma un impegno”.

A chiudere è stato Padre Giuseppe Riggio, consulente ecclesiastico nazionale dell’associazione, che ha donato la parola “stupore”. “Il suo racconto — un viaggio all’Aquila in cui il navigatore, non aggiornato, indicava strade chiuse — è diventato parabola: quando si procede col pilota automatico, si smette di vedere. Si perde il viaggio. Si perdono le persone. Stupore significa non incasellare, non procedere per automatismi, non dividersi in compartimenti stagni. Significa mettere insieme fede, umanità, occhi, mani, piedi. Significa restare interi, per raccontare con autenticità”.

Questa scuola — è stato ricordato — è anche rigenerazione per l’Ucsi, che grazie ai giovani trova linfa. Alcuni scoprono qui la vocazione al giornalismo; altri comprendono che deve ancora maturare; altri ancora mettono in dialogo talenti diversi. Ma tutti raccolgono lo stesso seme: il giornalismo come servizio, come gesto che non rinuncia alla verità, alla cura, alla misericordia.

Per concludere, chi scrive può testimoniare che la speranza non è sinonimo di ingenuità, ma è come un atto professionale: raccontare bene, con onestà, anche ciò che non è bello; consumare le scarpe; ascoltare davvero; dare voce agli invisibili; attraversare le frontiere; stupirsi ancora, perché è così che un mestiere diventa vocazione, è così che la notizia torna ad avere un’anima, ed è così che Assisi, ancora una volta, non conclude: rilancia.