22 Aprile 2025
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L'ultima occasione, al Giubileo della comunicazione, per invitarci ad essere "narratori di speranza"

L’emozione degli incontri con Francesco

emozione negli incontri con Francesco

Alberto Lazzarini

Del tutto casualmente, ma ancora ringrazio il Cielo, mi trovai in piazza San Pietro il 13 marzo 2013 quando papa Francesco fu eletto e si affacciò alla Loggia centrale della Basilica vaticana per salutare il popolo. Un’emozione incredibile: le sue prime parole, la voce forte con promesse di speranza (tema di tutto il suo pontificato), un nuovo inizio di fede, la folla felice e plaudente e l’acquisto, pochi minuti dopo – dunque quasi in diretta – della copia dell’Osservatore romano con la notizia, che conservo gelosamente.

Già, l’informazione. Ero là, a Roma, per un Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. In mattinata avevo già deciso di andare in San Pietro…al buio. E così, terminati i lavori, con due colleghi emiliani presi un taxi; giunti quasi sul Tevere, il telefono di un amico squillò: da casa la moglie lo avvertiva che il telegiornale aveva annunciato la fumata bianca, segno dell’avvenuta scelta dei cardinali.

Arrivammo fra i primi, prendemmo posizione con la Loggia davanti a noi e un maxischermo sul fianco destro e vivemmo quella giornata storica. Sempre a Roma, alla fine dello scorso gennaio ho avuto il privilegio di incontrare il papa in occasione del Giubileo dei giornalisti come membro della giunta Ucsi; già provato dall’età e dalle malattie, si spendeva con tutto sé stesso. Farà così fino all’ultimo.

Nel discorso, molto importante, che non lesse perché affaticato, Bergoglio sollecitava gli operatori dell’informazione ad essere “narratori di speranza” senza peraltro dimenticare la complessità del contesto contrassegnato dalla presenza attiva di tecnologie avanzatissime che se impiegate male creano mostri. L’informazione opera all’interno di questo mondo dove, disse il papa, la ricerca della verità rimane pur sempre l’obiettivo ultimo. Ma se la manipolazione è di casa, diventa dura, molto dura. Bisogna comunque cominciare da sé stessi e Bergoglio, nella sala Paolo VI davanti a 9.000 comunicatori provenienti da 138 paesi, pose domande autentiche, personali e impegnative come: “Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?”. Di qui il rapporto con l’altro, l’avvio della comunicazione, la narrazione di storie per conoscere e conoscersi, per diffondere la pace, la solidarietà, la collaborazione. Insomma la comunicazione “come collante e non come veleno”.  Il che non significa, ribadì il pontefice, occuparsi esclusivamente di positività (il mondo non è impastato solo di virtù, anzi) ma di tutto senza però utilizzare parole di odio e con l’impegno di cercare, sempre e comunque, almeno un barlume di luce. E con un occhio speciale agli ultimi.

Altre due volte ho poi avuto il privilegio di incontrare il papa e sempre nel segno dell’informazione: nel 2016 con il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e nel 2019 ancora come componente della giunta nazionale dell’Ucsi. In entrambi i casi una grande emozione personale ma soprattutto l’ascolto di parole chiare e feconde sul ruolo, delicatissimo, del giornalista e del comunicatore che papa Francesco conosceva molto bene.

La sua scomparsa ha ovviamente causato un grande dolore ma ha anche prodotto la consapevolezza di una strada tracciata, di obiettivi ben chiari da raggiungere, di strategie conseguenti da adottare. Papa Francesco ci accompagnerà sempre.