Approda al senato il ddl sulla riforma del reato di diffamazione. Archiviata la sede deliberante assegnata in origine alla commissione Giustizia a causa della condanna definitiva per il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, l’iter è stato, comunque, piuttosto rapido (il voto finale è previsto entro giovedì) ma sui contenuti del ddl il dibattito è ancora piuttosto vivace: a Maurizio Gasparri (Pdl) che ha sottolineato come “eliminare la sanzione del carcere per i giornalisti non significa sancire la libertà di diffamare” e ne ha auspicato una rapida approvazione, ha replicato la capogruppo democratica Anna Finocchiaro, secondo la quale il testo “va corretto”, correggendo fra l’altro l’opinione di alcuni suoi colleghi come Felice Casson, che ha parlato di “allarmismo non molto giustificato” sul provvedimento e Silvia Della Monica, secondo la quale si tratta di “un testo assolutamente equilibrato”.
Al posto del carcere, per i giornalisti ritenuti diffamatori sono previste sanzioni pecuniarie dai 5mila ai 100mila euro e l’obbligo alla rettifica (che in caso di inadempienza porta a pene analoghe) prevede delle restrizioni: vanno pubblicate senza commento, ma non è chiaro cosa potrà accadere in caso di richieste di rettifica che rispettino solo parzialmente la verità dei fatti. Se cioè il giornale interessato, visto che non potrà chiosare i testi ricevuti dal diffamato, potrà però censurarne quelle parti che dovessero risultare non veritiere.
L’obbligo di rettifica e le pene toccano anche le testate “diffuse in via telematica”, ma colpiscono anche gli editori: i soggetti “civilmente responsabili” non dovranno infatti solo essere chiamati a un evetuale risarcimento del danno ma potranno essere costretti a restituire gli eventuali contributi pubblici ricevuti. Tuttavia, nella determinazione del danno della diffamazione “il giudice tiene conto – si legge nel testo varato dalla commissione – della diffusione quatitativa o geografica del mezzo di comunicazione usato per compiere il reato, della gravità dell’offesa, nonché dell’effetto riparatorio della pubblicazione della rettifica”.
Ma la protesta cresce, e la Fnsi, che ha dato vita a un presidio di protesta al Pantheon, a pochi passi dal Senato, ha accusato i parlamentari di voler introdurre una censura sulla stampa: “Una legge – ha detto il segretario del sindacatro dei gioralisti, Franco Siddi – grave come non si era mai visto, a questo punto è meglio lasciare le cose così come sono”. La Fnsi “non può accettare – ha ammonito il presidente del sindacato Roberto Natale – che si stabilisca una sanzione smisurata che renda l’informazione asservita, non in grado di portare avanti inchieste e servizi scomodi al potere: gli editori saranno indotti a parlare con i loro direttori per bloccarli”.
Curiosa la scoperta di una norma sul diritto all’oblio per i diffamati: potranno chiedere la cancellazione dei contenuti diffamatori da siti Internet e motori di ricerca. Se defunti, il diritto passa agli eredi o al “convivente”. Apertura ai gay? L’autore dell’emendamento apporovato in commissione, il senatore del Pdl Giuseppe Valentino, è cascato dalle nuvole: “Coppie di fatto? Un refuso, lo correggeremo”.
Dalla normativa restano al momento esclusi i siti web e i blog, mentre riguarda esclusivamente le testate giornalistiche diffuse per via telematica. E’ stato demandato all’Aula lo scioglimento del nodo se ritenere le testate giornalistiche diffuse via telematica solo quelle cartacee anche su internet o tutte le testate telematiche, come pure la possibilita’, sostenuta dal Pdl, di far rientrare in qualche modo anche siti e blog. Circa l’emendamento detto anti-Gabanelli, che prevedeva la nullita’ delle clausole contrattuali di manleva da parte dell’editore nei confronti di un giornalista, il presentatore, Giacomo Caliendo ha ritirato la proposta di modifica, riservandosi di riproporla per l’Aula. Intanto il vice presidente della commissione UE,Antonio Tajani, ha scritto una lettera alla collega Viviane Reding, responsabile per la giustizia, perche’ ”guardi con occhio attento tutto cio’ che sta accadendo in Italia nel mondo dell’ informazione”. ”Tra la vicenda Sallusti e le nuove norme – ha detto Tajani – l’importante e’ che tutto sia fatto in sintonie con le norme comunitarie”. Cosa preoccupa della legge in gestazione? ”Non vorrei mai che un paese che e’ quello di Cesare Beccaria – ha risposto Tajani – possa in qualche modo limitare la liberta’ di stampa e di informazione. Questo ci deve spingere, come italiani e europei, ad essere particolarmente vigili quando si parla di liberta’ di informazione. Lo dico anche come giornalista. Venti anni in questo settore mi fanno essere particolarmente attento a tutto cio’ che accade quando si parla di liberta’ di informazione”. (TMNEWS,ASCA,FNSI)

