10 Marzo 2011
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SCRIVERE SUL WEB: I NUOVI SCHIAVI ITALIANI BLOGGER E NON. OVVERO IL MESTIERE DI SCRIVERE (ONLINE) E LO SFRUTTAMENTO

webLe piattaforme professionali di informazione che aggregano decine di blog individuali, il modello pay-to-write, il metodo Huffington Post e lo sfruttamento della manodopera giornalistica (e non).

La Rete pullula di siti web, blog e risorse online che si prefiggono di guidare i neofiti lungo le strade che portano alla professione del giornalista. Sui media tradizionali e sul web. Non mancano annunci di lavoro che possono essere associati, senza rischio di essere smentiti, alle pratiche messe in atto dai cosiddetti “caporali” che reclutano braccia (spesso extracomunitari) per la raccolta di pomodori, olive, arance e ogni altro bendidio che finisce sulle nostre tavole. Onore, quindi, e riconoscenza all’impegno di Lsdi (Libertà di stampa, diritto all’informazione), un gruppo di lavoro costituito da persone che hanno a che fare, a vario titolo, con il mondo dell’informazione, e da alcuni iscritti alla FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana). Lsdi ha iniziato dallo scorso anno a esplorare con attenzione il variegato universo del giornalismo digitale e dei contenuti riversati sul web da blogger e articolisti. Un universo fatto anche, purtroppo, di sfruttamento. «Esempi molto illuminanti di sfruttamento della manodopera giornalistica nel lavoro online» scrive Vittorio Pasteris «sono le cosiddette piattaforme professionali di informazione», ovvero «quelle strutture che, aggregando assieme decine di blog (individuali), sono diventate in breve veri e propri magazine di informazione quotidiana della Rete».Schiavi digitali si trovano anche nel mondo del pay-to-write, «dove gli esempi di corretta convivenza fra business e buona informazione sono molto scarsi», scrive Marco Renzi, in un intervento su Lsdi.it intitolato “Quelle zone franche al confine fra pubblicità e giornalismo”. E in un recente scritto, dal titolo “Giornalismo online: l’insostenibile arretratezza degli editori italiani”, Renzi non esita a scrivere che «le soluzioni adoperate dai “minori” (editori, ndR) ricordano più le truffe alla Totò che reali strategie imprenditoriali». Altro esempio, ancora più visibile, è il metodo Huffington Post. «Ogni singolo articolo del sito appena rilevato da AOL produce ricavi per circa 1.000 dollari», riferisce Lsdi. Ebbene, sono centinaia i blogger che lavorano per HuffPo completamente gratis. In cambio di visibilità. Era nei patti, a dirla tutta, ma ora, alla luce dei 315 milioni di dollari finiti nelle casse (sino ad oggi) gestite da Arianna Huffington, qualche blogger ha chiesto che si cambi direzione. (WEBMASTERPOINT)