Giovani e Laudato Si': una polifonia di voci

Pubblichiamo oggi per esteso un'ampia sintesi di una delle due parti della ricerca realizzata dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Pontificia Salesiana e dall'Ucsi (leggi qui). Questa parte riguarda i giovani: conoscono la “Laudato Sì’”? E cosa pensano dell’ecologia integrale? Entrambe le ricerche sono ora pubblicate nel volume “Dare Corpo alla Laudato Sì’. L’impatto dell’ecologia integrale nelle visioni e nelle prassi”, a cura di Vittorio Sammarco e Paola Springhetti (ed. LAS e UCSI, 2023).

sintesi della ricerca di Vittorio Sammarco e Paola Springhetti (2023)

Sono 29 le interviste realizzate tra aprile e settembre 2022, con l’obiettivo di capire se e fino a che punto i giovani pongono attenzione – meditata e condivisa – ai temi dell’Ecologia Integrale.

Sono giovani responsabili di gruppi giovanili o in qualche modo leader, attivi nel coordinare, sostenere, indicare, guidare e fare da punto di ferimento a giovani coetanei o di qualche anno più piccoli. Nell’insieme, quindi, si tratta di una ricerca che, pur non essendo quantitativa, ma qualitativa per ruolo e attività svolte, consente di far emergere indicazioni di un certo interesse.

ALCUNI DATI

I 29 giovani intervistati sono stati individuati cercando di rappresentare un quadro equamente distribuito e tendenzialmente esauriente della realtà del nostro Paese. Una età media dei giovani (responsabili) tra i 18 e i 28 anni (tre 31 anni e una 36). Sesso: 18 maschi e 11 femmine. Sul ruolo/carica che rivestono c’è di tutto: educatore/trice, capo scout, progettista di innovazione e didattica, presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica, animatore di comunità, animatrice oratorio; segretario regionale, portavoce, referente area comunicazione; e altro...

Il numero complessivo dei componenti del gruppo, di cui sono in qualche modo referenti o responsabili, si aggira sui 600 circa, tenendo conto della fluidità di molte realtà, che spesso hanno picchi di partecipazione in seguito ad alcuni particolari eventi, seguiti da cali dovuti al seguito mediatico che genera più o meno interesse sul tema trattato. Mediamente, ogni realtà si aggira sui 20-25 componenti con una età dei membri del gruppo che va dai più piccoli di circa 12-13 anni (due realtà), e le altre tutte con una età dai 18 anni in su, con i più grandi al massimo di 27-28 anni.

Per quanto riguarda la tipologia delle realtà associative di riferimento: il “censimento” ha preso atto, di 16 ecclesiali e 13 laiche, ossia non facenti parte di nessuna associazione ascrivibile ad un fondamento ecclesiale. Anche in quelle ecclesiastiche, comunque, la presenza è per lo più di non religiosi. Collocazione geografica: 11 al Nord-Italia; 10 al Centro; e 8 al Sud. Di cosa si occupano questi gruppi? La realtà è variegata: in sintesi (che purtroppo non valorizza la ricchezza delle tante attività segnalate) si va dalla formazione umana alla missionarietà; dalla conoscenza di sé stessi, al rispetto della natura e dell’ambiente; dalla educazione alla fede alla responsabilità sociale e civica; educazione del servizio al prossimo; cura dell’ambiente, sviluppo sostenibile, valorizzazione e innovazione di spazi pubblici; difesa dei principi della Costituzione e della Resistenza Antifascista; Povertà educativa. Ricorrono poi spesso alcune parole/temi chiave: Impegno, Ambiente, Politica, Rigenerazione, Scuola, Arte e cultura, Informazione, Partecipazione scolastica; legalità, lavoro, diritti sociali, diritti civili; Crisi climatica, sostenibilità, ecologia; Volontariato sociale. E altre meno attese: imprese, organizzazioni nella transizione ad un modello di sviluppo sostenibile, economico, sociale e ambientale, più giusto, più equo, a servizio delle comunità locali «per creare una nuova biodiversità imprenditoriale secondo i principi dell’Ecologia Integrale».

METODO E TRACCE DELLA RICERCA IN SINTESI

In primo luogo, si è messo al centro del focus la loro pratica di vita, con le conoscenze informative e i percorsi formativi (da singoli e/o in associazione) che accompagnano la quotidianità. Intanto per capire quanto l’attenzione mediatica sui temi dell’attenzione ecologica, meglio, dello sviluppo sostenibile, sia una vera dimensione di vita o piuttosto una sorta di moda. Le risposte (una prima analisi di insieme – seppure parziale) sono positive. E con qualche aspetto critico su cui riflettere: l’onda mediatica influisce sì nel dibattito generale, ma in misura limitata: per smuovere coscienze e impegno, contano di più i fatti, le esperienze, le occasioni di vita. Evidente, inoltre, ma noto, l’abbandono degli strumenti ormai superati di comunicazione tradizionale (gli old media), con la netta preferenza (sebbene anche consapevole dei rischi di cattiva comunicazione) per i new.

In secondo luogo, si è cercato di verificare se questi temi fossero confinati a esperienze occasionali e contingenti. Oppure (e per quali vie), sono strade che favoriscono l’opportunità di instaurare percorsi di riflessione ragionata, di discussione, valutazione delle fonti informative, relazioni con i leader di riferimento, messa in discussione di principi acquisiti, trasformazione di atteggiamenti e/o giudizi. Ossia: capire se e come il tema dello sviluppo sostenibile sia in qualche modo vivo, se entra nelle dinamiche di gruppo e diventa tema di discussione performativa di attività, anche per quei gruppi che non si occupano in maniera immediata e diretta di questi temi. Le risposte confermano l’idea che i giovani associati, in organismi strutturati o in formazioni spontanee ma durature, vivono l’attenzione a questo tema in maniera più ragionata e condivisa, magari anche con differenti approcci, ma proprio per questo più apprezzati e spontanei.

Infine, il terzo obiettivo immediato è stato cercare di capire come si incardina nella prassi la parola che emerge dal pensiero del Papa con la Laudato Si’. Proprio perché si tratta di giovani impegnati nel campo di attività sociali e culturali (e in alcuni casi anche politiche vere e proprie), proprio perché leader, che guidano e conoscono molti altri giovani, l’impianto complessivo dell’enciclica papale potrebbe apparire – in una idea, forse, approssimativa – uno strumento conosciuto e studiato. Non perché i 29 giovani (e il loro amici) siano considerati più bravi, ma semplicemente perché, in maniera attiva e continua, si spendono “sul campo”, a partire da un profilo coerente di una cittadinanza attiva. E qui non mancano indicazioni interessanti. In estrema sintesi il giudizio complessivo finale appare positivo ma non privo di qualche spunto di riflessione critica. In sostanza, per questi giovani, l’enciclica è importante, ma andrebbe comunicata di più e meglio e oltre le parole, occorre che le azioni siano coerenti al messaggio. E le perplessità su come stia agendo in proposito la comunità ecclesiale (la propria, parrocchia o diocesi che sia), non sono poche. La voce del papa, ripetono, appare isolata.

ALCUNE CONCLUSIONI SI POSSONO TRARRE

Pur non essendo quantitativamente indicativi per rilevarne una vera e propria inchiesta con i crismi necessari, c’è una pluralità di risposte e approcci che è bene tenere presente. Ma in questo quadro di sintesi ovviamente in qualche misura si perde. Nella ricerca si è provato a dare una lettura che tenga conto dello schema proposto con le domande, in tre blocchi (a) accesso all’informazione; b) comportamenti e formazione (singola e di gruppo); c) rapporto con la Laudato Si’ e con la Chiesa in generale.
Tutti i 29 intervistati, chi più chi meno e con una discreta distribuzione per caratteristiche dell’associazione/gruppo guidato, e per distribuzione territoriale, sono citati. Vengono messe in evidenza, insieme, sia le risposte rilevanti e più ripetute (che quindi possono essere ritenute il tratto comune), sia gli spunti originali che indicano – se non altro - un diverso modo di pensare.

Alla fine di questo testo/report, si è provato a segnalare, in dieci parole chiave, i principali tratti di fondo che rimangono più o meno costanti, in modo palese o tra le righe, e che, per una lettura d’insieme plausibile, possono essere identificate in conclusione. Se si legge l’intero report delle 29 interviste, però, possono essere identificate delle sfumature rimaste non evidenziate.

LE PAROLE CHE POSSONO AIUTARE A RIASSUMERE AL MEGLIO I CONCETTI EMERSI

Realismo. L’occhio degli intervistati si dirige innanzitutto alle cose che possono essere praticate, concrete, che bandiscono le chiacchiere. Per chi risponde per sé e per le conoscenze che hanno dei giovani dei propri gruppi. Non funzionano vecchi schemi ideologici, ma il fare, le azioni, gli impegni che maturano la propria credibilità nella possibilità di generare risultati che si possono toccare con mano.

Sincerità. Di fronte a questi progetti/attività, le voci e le opinioni vengono accompagnate con schiettezza, con la franchezza di giudicare anche i limiti (compresi i propri difetti di conoscenza, che non mancano di riconoscere quando sono evidenti) e le opportunità mancate. Schiettezza che affranca da eventuali paure di dire le cose che non vanno nelle istituzioni, anche a partire dalla stessa Chiesa.

Responsabilità. Altra parola frequentemente sentita. Perché si accompagna con la prima, ossia con la capacità di poter dare risposte convincenti alle idee che si portano avanti. Non sono solo le istituzioni o le agenzie educative ad avere responsabilità verso i temi dell’ecologia integrale. Ma anche i singoli individui, chiamati ad esercitare un ruolo più attivo, a non tirarsi indietro, a capire che al di là delle contestazioni serve un impegno vero.

Lungimiranza. Guardano al futuro, i giovani, e questo era prevedibile. Ma si avverte, dalle loro parole, anche una capacità di guardare alle fasi intermedie, ai passaggi step by step, alla graduale conquista dei successi parziali che contribuiscono, man mano, a far progredire l’insieme.

Condivisione. Sta nel Dna, sia di chi partecipa a realtà intrecciate in reti più ampie, sia in quelle singole. Perché viene spontaneo dire che, se anche non si realizzano in proprio iniziative idonee, si è spinti ad accettare, condividere, “fiancheggiare” quelle proposte da associazioni consorelle. Nessuna gelosia. La “rete” è ormai un valore, che viene considerato un asse portante di ogni percorso formativo.

Maturità. È un elemento fondativo di giovani in qualche modo definibili leader, ma la formazione, lo studio, l’impegno a capire meglio le cose è ritenuto basilare un po’ da tutti. Per sé e per i gruppi che guidano. Nell’acquisire le notizie che non sempre sono libere dalla cosiddetta falsa informazione, ma anche per maturare i concetti che poi fondano il loro impegno attivo. Ne sentono, però, anche la mancanza specifica su questi temi, visto che l’agenzia educativa principale (la scuola) non sempre pare attrezzata per percorsi formativi siffatti.

Serenità. Con tranquillità riconoscono l’importanza di affrontare, con uno sguardo lungo ed efficace, problemi e aspettative. Ma non si pongono con una matrice di “noi/loro”, in nessuna competizione/confronto. Anzi: più volte risuona l’eco di una fiducia speranzosa. Per non “mettere ansia”. A volte, forse, un po’ esagerata, ma in linea con quella intenzione di dare un taglio costruttivo e non solo rivendicativo alla questione del secolo.

Libertà. Sì, i leader che i grandi media mettono in evidenza (giovani, ma anche adulti) vengono ascoltati, riconosciuti, persino discussi. Ma poi, alla fine dei conti, il peso dell’influenza nelle loro decisioni è volutamente tarato al netto della libertà di ciascuno di considerare la propria vita non influenzabile. Un’aspirazione, di sicuro, che magari si contraddice poi quando si parla di consumismo e di capacità di affrancarsi dall’influenza che impone certi stili di vita.

Laicità. Dato acquisito anche nelle associazioni di carattere ecclesiale. I giovani considerano la propria appartenenza non vincolata a cliché, stereotipi, vecchie consuetudini generalmente attribuite nel tempo a forme di clericalismo più o meno mascherato. Non sono “del mondo” (anche chi si riconosce non credente), ossia, non si adattano a comportamenti e pensieri di massa, ma sanno bene di essere “nel mondo”. Consapevoli che, di questi tempi, anche la voce di chi parla dallo scranno più alto della Chiesa, rischia di non essere ascoltata.

Spiritualità. Ecco una (piccola?) sorpresa conclusiva. Risuona, sullo sfondo di una concretezza evidente di orizzonti, idee e temi, una ricerca di un profilo più alto, per non lasciare “terra terra” le questioni esposte, ma invece ricondurle alla ricerca continua di una Spiritualità che dia solidità e spessore (più umano e più alto al tempo stesso) alla visione del Creato e dell’uomo che in esso vive.

Ultima modifica: Dom 2 Lug 2023