'No all'abolizione dell'Ordine'. La lettera aperta dei presidenti regionali
L’ipotesi dell’abolizione dell’Ordine dei giornalisti, che anima il dibattito pubblico nella categoria, provoca la ferma reazione di tutti i vertici degli Ordini regionali.
I venti presidenti riprendono le parole del presidente Mattarella sulla funzione del giornalismo e ribadiscono le ragioni e i valori che hanno portato il Parlamento a istituire l'Ordine. L'abolizione? «Sarebbe una prospettiva a detrimento della democrazia», scrivono in una lettera aperta.
«Facendo nostre le affermazioni del Capo dello Stato e in sintonia con gli argomenti espressi dal presidente dell'Ordine nazionale Carlo Verna, i presidenti e i vicepresidenti degli Ordini regionali dei giornalisti – aggiungono – ribadiscono le ragioni ed i valori che hanno portato il Parlamento ad istituire l'Ordine dei giornalisti, in applicazione di un principio che trova fondamento nella nostra Costituzione. Cosa è in gioco? Non la difesa di un organismo corporativo. Ma innanzitutto il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. Difendiamo la necessità di un soggetto pubblico chiamato a tutelare i principi deontologici e a vigilare sul rispetto delle regole per garantire una informazione veritiera e di qualità. Non può esistere libertà di stampa senza responsabilità di stampa».
La lettera prosegue: «Ripetutamente, negli anni scorsi, dall'Ordine dei giornalisti sono state avanzate proposte di riforma che sono naufragate, purtroppo, in Parlamento. Nella scorsa legislatura, su iniziativa dei giornalisti, si è riusciti a conquistare una prima, seppur parziale, riforma della governance dell'Ordine. Ora questo lavoro va completato. Difendiamo l'idea e l'urgenza di una riforma profonda dell'attuale legge istitutiva dell'Ordine, risalente al 3 febbraio 1963, che sia capace di guardare al futuro e di declinare l'informazione con i nuovi linguaggi di un mondo che è radicalmente cambiato», spiegano ancora presidenti e i vicepresidenti degli Ordini regionali.
Alla fine la parte più dura: «Senza vigilanza deontologica, senza un sistema condiviso di regole, senza una adeguata formazione ed un continuo aggiornamento professionale, senza un Ordine gli unici ordini ai quali saranno sottoposti gli operatori dell'informazioni saranno quelli della proprietà dei giornali e dei potentati economici e politici. Una prospettiva a detrimento della libertà di stampa, del pluralismo, della democrazia, di un patrimonio che appartiene all'intero Paese».