Il Committee to Protect Journalist. un’organizzazione non governativa con sede a New York, nata con lo scopo di difendere la libertà di stampa e i diritti dei giornalisti in tutto il mondo, conta 259 giornalisti attualmente incarcerati dai governi di tutto il mondo, 60 in piu’ rispetto al 2015, con la Turchia al primo posto dopo gli arresti in seguito al fallito colpo di stato di luglio.
Dopo la Turchia segue la Cina, prima nel 2015, con 38 giornalisti rinchiusi perché “colpevoli di aver denunciato violazioni dei diritti umani”; al terzo posto l’Egitto, con 25 cronisti condannati, molti dei quali senza nemmeno aver ricevuto un regolare processo. Quarto e quinto posto sono occupati rispettivamente da Eritrea (16) ed Etiopia (14) mentre l’Iran, per la prima volta dal 2008, non si trova fra i primi 5 paesi con minore libertà di stampa al mondo.
Rispetto ai 19 giornalisti detenuti lo scorso anno dal governo di Teheran, quest’anno il numero è sceso a 8,dato che molti fra i giornalisti rinchiusi per aver denunciato presunti brogli elettorali nelle elezioni nel 2009 hanno finito di scontare la propria pena. Non si può dire, tuttavia, che il pugno di ferro contro gli oppositori si sia allentato: l’ultimo caso di crimine contro la libertà d’espressione è la condanna a 6 anni di galera con annesse 232 frustate inflitta nel 2015 a Keyvan Karimi, un regista incriminato per “aver insultato il sacro” e “aver fatto propaganda contro il regime” con un documentario in cui testimoniava le gesta dei writers che tappezzano i muri della capitale iraniana con murales rivolti contro il governo.