Mons. Bettazzi: un secolo di dialogo

Profeta di pace e di dialogo, ma anche uomo del coraggio, protagonista della Chiesa in uscita in comunione con Papa Francesco. Avrebbe compiuto cento anni fra tre mesi. Mons. Luigi Bettazzi è mancato poco dopo le 4 di domenica 16 luglio nella sua casa di Albiano nei pressi di Ivrea, in provincia di Torino. Poche ore prima era giunto l’appello del Vescovo di Ivrea, Mons. Edoardo Aldo Cerrato: “Accompagniamo Mons. Bettazzi che si sta avviando lucidamente al tramonto terreno. La nostra preghiera lo sostenga!”.

Entrando nella sua casa si veniva accolti prima di tutto dal profumo dei libri, disposti a migliaia su ogni parete. Poi dalla sua affabile ironia, mai pungente, ma sempre rispettosa. Sapeva conversare ponendosi al livello del proprio interlocutore, facendo cadere ogni barriera, in modo tale che chiunque, dall’operaio dell’Olivetti al grande leader politico, si sentisse a proprio agio.

Dopo l’infanzia trascorsa a Treviso, dove nacque il 26 novembre 1923, si trasferì in gioventù a Bologna, città di origine della madre. Fu nominato Vescovo titolare di Tagaste e Vescovo ausiliare di Bologna da Papa Paolo VI nel 1963. Accanto al Vescovo di Bologna Mons. Giacomo Lercaro, uno dei quattro moderatori e figura chiave del Concilio, partecipò a tre sessioni del Concilio Vaticano II e ne divenne convinto sostenitore e difensore: “Ho sempre ripetuto, anche in tempi di difficoltà, che indietro non si tornava. Oggi è venuto il momento di realizzare pienamente la rivoluzione copernicana contenuta nella Gaudium et spes (non l’umanità per la Chiesa, ma la Chiesa per l’umanità) e quella della Lumen gentium (non i fedeli per la gerarchia, ma la gerarchia per i fedeli)”. “Costituzioni che ancora oggi stentano ad affermarsi. Mentre le altre due: il primato della Parola di Dio, esplicitato nella Dei Verbum, e la riforma liturgica, che, grazie alla Sacrosanctum concilium, è più partecipata di un tempo, sono sostanzialmente riuscite” è quanto si legge in una sua intervista rilasciata a Daniele Rocchetti. A chi, come riporta Alberto Chiara su Famiglia Cristiana, gli chiedeva se fosse necessario un Concilio Vaticano III rispondeva: “No. Credo semmai che vada attuato pienamente il Vaticano II. Non vorrei che un Vaticano III finisse con l’essere programmato per chiudere le aperture fin qui fatte”.

Nel 1966, al termine del Concilio, Paolo VI lo assegnò alla Diocesi di Ivrea, dove rimase fino al 1999 prima come Vescovo titolare e poi, dopo la rinuncia per raggiunti limiti di età, come emerito. Fu presidente della sezione italiana (dal 1968) ed internazionale (dal 1978) del movimento Pax Christi, assumendo nette posizioni contro la guerra. Nel 1992 prese parte alla marcia della pace camminando, insieme ad un già sofferente don Tonino Bello e ad altri 500 aderenti ai Beati costruttori di Pace e Pax Christi, in una Sarajevo semidistrutta nel mezzo della guerra civile che tormentava la Bosnia ed Erzegovina. Ma il suo agire pieno di coraggio si vide anche quando, nel 1978, si offrì prigioniero in cambio del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro.

La sua ricerca del dialogo lo portò a confrontarsi con esponenti della politica italiana come il segretario della Democrazia Cristiana Benigno Zaccagnini ed il segretario del Partito Comunista italiano, Enrico Berlinguer, al quale in una lettera aperta che fece il giro dei principali quotidiani, scriveva: “Le sembrerà forse singolare, tanto più dopo le ripetute dichiarazioni dei Vescovi italiani, che uno di loro scriva una lettera, sia pure aperta, al Segretario di un partito, come il Suo, che professa esplicitamente l'ideologia marxista, evidentemente inconciliabile con la fede cristiana. Eppure, mi sembra che anche questa lettera non si discosti dalla comune preoccupazione per un avvenire dell'Italia più cristiano e più umano”. Poi proseguiva: “È per amore di dialogo che ora mi rivolgo a Lei, e in Lei a tutti coloro che hanno responsabilità nel Suo partito, e in generale a tutti coloro che vi hanno dato adesione, soprattutto col voto. Forse non ci si domanda abbastanza, nel «mondo borghese» e in molta parte del nostro «mondo cattolico», il perché di questo vostro successo, preoccupati, come siamo naturalmente, di ricordare la vostra ispirazione marxista, che da una parte si collega con il materialismo e l'ateismo e dall'altra si è troppo spesso aperta a dittature e a violenze, anche antireligiose”. “Eppure, mi sembra legittimo e doveroso, per un Vescovo, aprirsi al dialogo, interessandosi in qualche modo perché si realizzi la giustizia e cresca una più autentica solidarietà tra gli uomini. Il Vangelo, che il Vescovo è chiamato ad annunciare, non costituisce un'alternativa, tanto meno una contrapposizione alla «liberazione» dell'uomo, ma ne dovrebbe costituire l'ispirazione e l'anima. Gesù stesso, quando si presentò ai suoi contemporanei, lo fece con le parole dell'antico profeta, affermando di essere mandato «ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore»”.

Solo la consapevolezza cristiana del fatto che oggi sia nato in cielo lenisce la sofferenza terrena di chi piange la scomparsa di un uomo che sapeva ascoltare, consigliare, accompagnare chiunque si rivolgesse a lui per un conforto.
Vogliamo ricordare Mons. Luigi Bettazzi con le parole del Cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei: “Il sorriso, la gentilezza, la fermezza, l'ironia, la capacità di leggere la storia e di portare il messaggio di pace sono stati i suoi tratti essenziali. Quegli stessi tratti che ci lascia come eredità preziosa per camminare al fianco degli uomini e delle donne del nostro tempo”.

L'autore, Alessandro Ginotta, è il presidente di Ucsi Piemonte

Ultima modifica: Mer 19 Lug 2023